L’avvocato Scarpati in veste di teste: “I miei anni malpagati dall’Unione”
Lo sfogo in aula: “Questa storia non mi ha fatto bene”
Reggio Emilia «Ho perso molto la memoria. Questa storia non mi ha fatto bene». È stata una delle prime dichiarazioni dell’avvocato Marco Scarpati, ieri nella veste inconsueta del testimone nell’ambito del processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza. Minori che secondo la procura sarebbero stati strappati dalle famiglie naturali tramite rilevazione di sospetti abusi sessuali in realtà inesistenti. I principali imputati (17 in totale) sono Federica Anghinolfi, ex dirigente dei Servizi sociali e il braccio destro Francesco Monopoli.
La posizione di Scarpati, in un primo tempo indagato in questo stesso processo per abuso d’ufficio per una serie di incarichi conferitigli dall’Unione (poi ritenuti del tutto leciti), è stata archiviata su richiesta del pm Valentina Salvi. Quest’ultima l’ha citato come testimone dell’accusa.
«Ricordo che io sono un avvocato. Non posso e non voglio rispondere a qualsiasi domanda riguardi la mia attività, che è coperta dal segreto professionale», è stato l’esordio circospetto del legale, che man mano che l’udienza proseguiva si è trasformato in un fiume in piena, parlando per un’ora e mezza. «In più non ho ricevuto nessuna notifica: sapevo di esserci perché ho consultato la lista testi. Ero in carcere per una visita con l’associazione “Nessuno tocchi Caino” e stavo spegnendo il cellulare», ha detto il legale di 64 anni. «Massimo rispetto per il tribunale, sono qui da 40 anni», ha proseguito prima di leggere la formula: «Non mi è mai capitato di leggerla».
La prima parte ha riguardato il coinvolgimento generico dell’avvocato. «L’Ordine degli avvocati ha diffuso un bando come consulente legale indetto dall’Unione Val d’Enza, non ricordo l’anno (il 2016, ndr). Presentai domanda l’ultimo giorno, vinsi e cominciai a formare il gruppo. In quegli anni era uscita una circolare regionale sulla necessità di seguire il minore durante il processo: da un lato il personale doveva capire come fare, dall’altro lato (visto che la paga come consulente era misera, 10mila euro all’anno) dissero che eventuali mandati sarebbero stati retribuiti a parte».
Scarpati ha ricevuto incarichi aggiuntivi: ad esempio come difensore di Anghinolfi in una vicenda per calunnia intentata dai genitori naturali di un bimbo(«un suo mandato personale»). Dei casi dei singoli minori si occupò «poiché con delibera l’Unione mi chiedeva di costituirmi parte civile. Per i minori è previsto il patrocinio a spese dello Stato: io applicavo una tariffa bassissima, perfino più bassa del gratuito patrocinio». Come consulente legale svolse «una decina di incontri annui con tutto lo staff sulle norme giuridiche, che è quello che insegno all’università. Poi, siccome mi chiedevano come affrontare i singoli casi, chiedevo di inviarmi in anticipo i dossier per dare dei consigli». Tra le problematiche il fatto «che le due procure, quella ordinaria e quella minorile, non collaboravano: se una procura chiedeva “A” e un’altra “Z” gli assistenti sociali non capivano».
L’incarico finì nel 2018. «Dovevano fare un altro bando e nel frattempo io non ero più interessato a un incarico gravoso e poco remunerativo». Alla domanda del pm se notò in quei due anni un aumento dei minori in affido, ha risposto così: «Non saprei. Di certo rispetto al 2015 l’attività era diventata più corposa, tra l’altro non me le hanno pagate. Guardi, io non ho mai trattato di affidi in vita mia, è un argomento che non conosco». Interpellato sulle intercettazioni, il legale si è limitato a rimarcare: «Insistevo per videoregistrare tutto. La registrazione obbligatoria del minore è una mia mania: lo raccomando sempre, dal 2002, anche perché resta il linguaggio corporeo».
Concluso l’esame del pm, le difese ne hanno approfittato per un lungo controesame. La Bonaretti? «Ho una stima professionale altissima, è stata la psicologa di mia figlia».
La coppia affidataria Bedogni-Basmaji? «Avevo più rapporti con Basmaji, organizzava convegni a Bibbiano; la bimba in affido la incontrai con la nonna, era molto affezionata». Monopoli le chiese mai di modificare atti nella sua attività? «Ci mancherebbe. Sono noto per essere un burbero, nessuno si permetterebbe mai».
E Anghinolfi? «Assolutamente no», anzi in un caso pilota «era contraria all’allontanamento, ma disse che il giudice minorile aveva voluto così».
Gli assistenti sociali? «Avevano carichi di lavoro spaventosi, bisognava ringraziarli».
La Scalabrini? «L’ho vista lavorare bene».
Un tracimare torrentizio che ha provocato più volte l’intervento sia del giudice Iusto («non divaghiamo») sia del pm Salvi («ma lei non si è avvalso del segreto professionale? O vale solo per l’accusa?»).
Imperterrito, l’avvocato Scarpati ha tirato dritto. «Gli incontri protetti per me sono una follia, non si dovrebbero fare». La preparazione dei minori? «Li vedevo prima dell’incidente probatorio e mai più: dicevo di dire la verità e li rassicuravo. Quando i procedimenti per presunti abusi sessuali venivano archiviati a Reggio per me, che sono un avvocato, era la parola fine. Ma i Servizi dicevano che il caso restava aperto al tribunale dei Minorenni di Bologna».