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Se Vinted diventa lo strumento di chi compra troppo per sbarazzarsi dei vestiti

Veronica Caliumi*
Se Vinted diventa lo strumento di chi compra troppo per sbarazzarsi dei vestiti

Spopola la app dove si vendono vestiti usati che per alcuni è la medicina al sovraconsumo

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Riuso e riutilizzo sono all’ordine del giorno nell’era del cambiamento climatico. Anche quando si tratta di moda. Fare del bene al pianeta è ormai diventato una filosofia di vita, perché vendere oggetti superflui libera la mente, allontana il passato e riempie il portafoglio. Questo è il fenomeno esponenziale del decluttering, letteralmente “eliminare ciò che ingombra”, che nella società dell’estetica non poteva non spopolare. In Inghilterra Vinted è diventato una “religione”, ma anche in Francia i numeri sono chiari: 19 milioni di utenti. Ma che cos’è Vinted e perché è emblema dei nostri giorni? Per chi non lo conoscesse, è un sito di vendita online, con sede a Vilnius, in Lituania, nato nel 2008 come e-commerce (commercio in rete) di abbigliamento al femminile. Il 70% dei suoi utenti sono infatti donne, ma negli ultimi anni ha allargato i suoi orizzonti anche alla popolazione maschile dato che ora a essere rivenduti sono oggetti e strumenti di qualsiasi tipo. Vinted rispecchia la nostra società: si basa sul second hand (il riuso) e lo ho portato dall’essere un fenomeno di nicchia – se si pensa ai mercatini dell'usato o delle pulci – a imporsi come un valore di massa, assumendo le sembianze di un comune social media, come Instagram. Con questo infatti condivide gli algoritmi. Ad esempio, più saranno le visualizzazioni iniziali, maggiore sarà la visibilità che si andrà via via acquisendo sulla piattaforma e con essa le vendite: Vinted favorisce chi è favorito. Inoltre è dimostrato che l’algoritmo tende a privilegiare i nuovi utenti, rendendoli più visibili. L’obiettivo di Vinted è infatti far vendere i nuovi arrivati, mentre i “veterani” andranno perdendosi. Ci sono però dei limiti, sia in eccesso, che in difetto: chi vende poco con il tempo perderà visibilità, come chi vende tanto dovrà dichiararlo: si tratta di coloro i quali avranno venduto almeno 30 prodotti o guadagnato più di 2000 euro nell’arco di un anno. È Vinted a richiedere a questi utenti la compilazione di un formulario cosiddetto DAC7 (normativa sulla cooperazione fiscale nell'Unione Europea): la piattaforma è infatti tenuta a comunicare le informazioni e il reddito di tali venditori alle autorità fiscali di tutti gli Stati membri.

Ma siamo davvero certi che il riuso, oltre al risparmio economico, porti anche benessere al pianeta? Secondo gli esperti dell’Agenzia France Presse (Afp), molti vendono prodotti di seconda mano più per sovraconsumo che per motivi ecologici. Insomma li hanno comprati istintivamente e poi utilizzati poco per poi metterli in vendita su piattaforme online come Vinted, alimentando il consumo e lo spreco senza sensi di colpa. Nel complesso però, sull’ambiente gli effetti sono buoni: secondo un recente rapporto sull’impatto climatico stilato da Vinted, prolungare anche di soli 9 mesi la vita dei capi può ridurre le emissioni di anidride carbonica del 10%. Questo nel solo 2021 ha permesso di evitare l’emissione di 453mila tonnellate di Co2. Tutti questi dati sono stati ottenuti dalla collaborazione di Vinted con Vaayu, piattaforma di monitoraggio del carbonio. Ma non serve per forza Vinted per comprendere il valore del riuso, anche nel contesto reggiano esiste una realtà simile: Remida. Un centro di riciclaggio creativo nato nel 1996 a cui aderiscono circa 400 scuole e associazioni che recuperano ogni anno sul territorio ben 20 tonnellate di materiale destinato allo smaltimento, rimettendolo in circolo. Dunque il riuso non è solo un valore, ma lo crea, risparmiando l’impoverimento del pianeta.

*Studentessa del liceo Moro