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Il caso

Serve l’infiltrazione, viene operato: «Così mi ha distrutto la schiena»

Ambra Prati
Serve l’infiltrazione, viene operato: «Così mi ha distrutto la schiena»

Un 60nne ha intentato una causa civile contro il medico che lo consigliò

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Reggio Emilia Doveva eseguire delle semplici infiltrazioni alla schiena prescritte da un centro di Reggio Emilia, perciò si è recato da un medico; quest’ultimo gli ha consigliato un’operazione in un ospedale fuori regione, operazione che non solo gli ha distrutto la schiena ma che per di più non sarebbe stata affatto necessaria. Per questo motivo un 60enne, ha intentato una causa civile per presunta responsabilità medica.

La vicenda ha inizio nel 2020, in piena pandemia, quando il 60enne con forti dolori alla schiena, ai quali si aggiungevano crampi e difficoltà motorie agli arti superiori, dopo una serie di esami si sottopone a un’operazione a Ferrara – perfettamente riuscita – per gli arti superiori. Rimanevano i dolori alla schiena; la cura, prescritta da un centro medico di Reggio Emilia senza ulteriore prescrizioni, era quella di effettuare infiltrazioni lombo sacrali.

Vista la lunga lista di attesa per le infiltrazioni (due mesi), nel 2022 il paziente si è rivolto a un medico in libera professione e si è recato in uno studio nella Bassa. Il motivo della visita era quello di eseguire la terapia anti dolore; mentre il medico ha fatto una proposta del tutto diversa, prospettando come unica possibilità terapeutica l’impianto di un elettrostimolatore midollare per modulare il dolore. Non solo: il medico indicava anche dove eseguire l’intervento chirurgico, cioè una casa di cura fuori regione dove il 60enne avrebbe pagato le sole spese di degenza. Il paziente – che nulla sapeva e non aveva informazioni – ha ascoltato la proposta del medico, che in realtà faceva parte dell’equipe medica che avrebbe eseguito l’operazione. Così ha acconsentito e si è sottoposto all’intervento chirurgico nella casa di cura indicata dal sanitario, ignorando che si trattava di un’operazione invasiva indicata ai pazienti che hanno una «sindrome da fallimento chirurgico spinale» (come ha scritto il medico F.B.S.S. cioè “Failed Back Surgey Syndrome”), che presuppone il fallimento di un intervento chirurgico spinale cui il paziente non si era mai sottoposto. Quindi, secondo la tesi del legale del 60enne che si basa su una perizia di parte, si doveva evitare di sottoporre l’uomo a un’operazione chirurgica, che è l’extrema ratio quando il dolore non è più curabile in altro modo, senza nemmeno verificare se potessero bastare le infiltrazioni. Più tardi il 60enne ha scoperto che questo tipo di operazioni complesse sono molto costose e che l’équipe aveva guadagnato un importo considerevole.

In ogni caso, non solo l’operazione eseguita non ha portato alcun beneficio, poiché il dolore è rimasto identico, ma ha peggiorato la deambulazione del 60enne, con conseguenze sulla vita quotidiana. Infatti l’intervento chirurgico prevedeva l’inserimento di un «elettrocatetere impiantato per una lunghezza di 60 centimetri» con uno «stimolatore esterno con batterie al litio con una copertura di 30 giorni». E, secondo la perizia di parte, lo stimolatore è stato collocato in una posizione troppo bassa e inappropriata, aggravando le condizioni degli arti inferiori.

Secondo il 60enne e il suo legale, peraltro, durante la visita nel suo studio privato il medico ha dichiarato che l’unica struttura che poteva eseguire l’intervento era quella fuori regione, mentre anche in località molto più vicine (ad esempio in un centro a Castelfranco Emilia) avrebbe potuto effettuare l’intervento o le terapie.

«Non solo vi è stato un difetto di informazioni, ma anche una mancanza di consenso informato (necessario per procedere con l’operazione) che è stata insufficiente ed è stata fatta lo stesso giorno dell’intervento chirurgico, quando il paziente era già stato preparato. Ciò che è più triste in questa vicenda – commenta l’avvocato del 60enne, Raffaella Pellini – è che il medico non ha pensato, in modo prioritario, alla salute del paziente ma ha anteposto i propri interessi economici. Sarà necessario che la casa di cura e i dottori che hanno eseguito l’intervento risarciscano tutti i danni riportati dal mio assistito, anche quelli che riguardano la violazione delle norme sul consenso informato». l