Gazzetta di Reggio

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Progetto Scuola2030

«Gargantua lo studente che vorrei»

Filippo Simonelli*
«Gargantua lo studente che vorrei»

La critica al nozionismo fatta da François Rabelais resta attuale

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Reggio Emilia «È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena»: con questa sua celebre citazione il filosofo rinascimentale Michel de Montaigne lascia intendere chiaramente quale sia il suo pensiero sull’istruzione dell’epoca e, di conseguenza, sul nozionismo presente già nel lontano ‘500.

Tuttora in vigore nelle scuole, siamo sicuri sia un criterio formativo ancora valido e non ormai anacronistico? Prima ancora di Montaigne, è François Rabelais a muovere una critica simile nei confronti del sistema del tempo, servendosi per questo fine dello stravagante personaggio di Gargantua nel romanzo omonimo.

Tramite l’ausilio di questo bizzarro gigante e delle sue buffe e simpatiche vicende, Rabelais riesce a stigmatizzare la società in cui vive, lanciando sottili accuse alla corruzione e all’ignoranza dell’epoca, che camuffa con l’ironia e la satira.

Uno dei temi chiave dell’opera è l’importanza dell’educazione e dell’istruzione. Infatti, nel romanzo lo scrittore sottolinea quanto sia rilevante avere un’educazione umanistica, basata sulla conoscenza, sull’uso della ragione e sull’esperienza pratica. Gargantua, ad esempio, viene istruito in modo personalizzato, adattato alle sue capacità individuali, rappresentando così l’idea di un modello d’istruzione flessibile e adattabile alle esigenze di ciascun alunno.

Penso che il metodo di insegnamento che coinvolge il protagonista sia totalmente in contrasto non solo con quello in vigore all’epoca, bensì anche con quello in vigore oggi.

Infatti, come ha mostrato Rabelais ed espresso de Montaigne, anche secondo me è sbagliato pensare agli studenti come ad “imbuti” nei quali versare nozioni su nozioni senza permettere loro di sviluppare spirito critico o interpretazioni personali.

I professori, in certe circostanze e in certe materie, dovrebbero operare al contrario di come fanno, cercando di tirare fuori anziché inculcare dentro, permettendo così all’alunno di sviluppare abilità e doti che lo arricchiscano come persona.

Se una critica espressa da uno scrittore del ‘500 la trova attuale una persona nel 2023, come me, in questo caso, deve fare riflettere.

Forse è giusto così, forse è giusto trattare tutti i ragazzi allo stesso modo senza tenere conto del loro carattere e di quelli che potrebbero essere i loro problemi, i loro difetti e i loro pregi; o forse è giusto adeguare il metodo formativo e modellarlo attorno ad ogni ragazzo, facendo sì che oltre a studiare e a ricevere rudimenti culturali, riesca a costruire la sua personalità e a trovare la sua strada.

*Studente del liceo Moro