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Ladri ai musei civici di Reggio Emilia, l’archeologa: «Un furto dai contorni inquietanti»

Chiara Cabassa
Notte dei Musei
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Giada Pellegrini: «Chi ha rubato ha scelto accuratamente i pezzi»

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Reggio Emilia «Non è stato un atto vandalico. Si tratta di un furto pianificato perché chi ha rubato sapeva benissimo costa stava portandosi via». Così, senza nascondere disappunto e amarezza, si pronuncia sul furto messo a segno all’interno della Collezione Chierici Giada Pellegrini, conservatrice delle collezioni archeologiche del Palazzo dei Musei. La stessa che ha scoperto giovedì scorso l’ammanco.

Come si è accorta del furto e quando pensa sia stato compiuto?

«Io controllo periodicamente le vetrine e lo faccio per nuclei. Sono ben 23mila gli oggetti archeologici presenti, quindi sarebbe impossibile eseguire controlli quotidiani ma anche mensili. L’ultima volta che avevo inventariato i reperti provenienti dalla necropoli eneolitica di Remedello Sotto, in provincia di Brescia, per l’appunto il nucleo che è stato preso di mira dal ladro, era il dicembre scorso. Quindi è passato un lasso di tempo notevole, i pezzi potrebbero essere stati sottratti anche molti mesi fa».

La vetrina che è stata forzata portava chiari segni dello scasso?

«In realtà no. Quando mi sono accorta che mancavano dei reperti ho alzato il coperchio sotto il quale si trova l’antifurto e in effetti era stato staccato. C’è da sottolineare che parliamo di una collezione ottocentesca storicizzata anche nell’allestimento, non per niente gli armadi sono assolutamente originali e tutto questo rende la nostra collezione unica in Italia. Ma c’è anche il rovescio della medaglia. Vetrine come queste non sono studiate per garantire una sicurezza pari ai nuovi e moderni allestimenti. Basti pensare che i materiali della Collezione Chierici sono sostanzialmente costituiti da legno e vetro 800eschi».

Certo se ci fosse stato un sistema di videosorveglianza...

«Sono già in corso azioni per implementare la sicurezza e un sistema di videosorveglianza, a questo punto, dovrà essere pensate per tutte le sale del Palazzo dei Musei anche se gli allestimenti più moderni sono già sicuramente più sicuri di quelli antichi».

Detto che si parla di un ladro esperto, cosa avrà fatto dei reperti rubati?

«In realtà questo furto è abbastanza inquietante perché non riesco a capire quale può essere stata la finalità. Si tratta di pezzi che da un lato non hanno alcun valore commerciale, dall’altro hanno un’enorme importanza e scientifica e sono molto conosciuti agli addetti ai lavori. Proprio per questo è difficile piazzare i reperti sul mercato: chi li conosce si renderebbe subito contro che provengono dai Musei reggiani. Anche perché, quelli sottratti insieme al lotto di reperti provenienti dal Bresciano, sono spesso richiesti per mostre di rilievo internazionale, anche da istituzioni estere. L’ultima volta sono stati a Zurigo. Mi sento anche di escludere che il furto sia stato compiuto da un feticista: sono oggetti in sé neppure belli, piccolissimi, e che probabilmente nessuno terrebbe su un comodino».

Se potesse lanciare un appello per riavere i pezzi spariti?

«Penso che il ladro conoscesse bene il contesto e abbia deciso deliberatamente di sottrarre questi beni alla comunità a cui appartengono. Gli direi solo, proprio perché sono beni della comunità, di mettersi una mano sul cuore e di farceli in qualche modo ritrovare».

Intanto, oltre a essere stata immediatamente informata la Soprintendenza, lunedì è stata presentata la denuncia-querela per furto aggravato contro ignoti al comando provinciale dei carabinieri in Corso Cairoli da parte della dirigente dei Servizi culturali e direttrice dei Musei Civici Valentina Galloni.

Le indagini sono partite ascoltando innanzitutto le testimonianze di chi lavora al Palazzo dei Musei: i sei dipendenti, le trenta persone addette di una cooperativa e ancora le guardie giurate.

Con la speranza, appesa a un filo sottilissimo, che quei reperti possano essere riconsegnati ai Musei per una sorta di ritrovato senso civico. l

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