Stragi, le intercettazioni del 1992 che hanno inchiodato Paolo Bellini
Le nuove indagini collocano la Primula Nera in Sicilia nei giorni di Capaci
Reggio Emilia C’è un sospetto, ci sono intercettazioni e c’è una pista investigativa su cui le Procure di Caltanissetta e Firenze vogliono vederci chiaro. L’ipotesi è che la Primula Nera ed ex Avanguardia Nazionale, Paolo Bellini, fra i numerosi viaggi in Sicilia del 1992 ne abbia compiuto uno anche fra il 21 e il 25 maggio di quell’anno, a ridosso dunque della strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio 1992 e costata la vita a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e alla scorta. Un dettaglio emerso in alcune intercettazioni dell’epoca, quando l’ex moglie, Maurizia Bonini, ricevette telefonate da qualcuno che cercava il marito. Al telefono, che era sotto controllo, la donna rispose che il marito si trovava in Sicilia. Un particolare mai valorizzato prima di queste nuove inchieste, nelle quali la Primula Nera – condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di Bologna – è indagato per concorso proprio per l’ “attentatuni” (come lo chiamavano i mafiosi) costato la vita a Falcone, oltre che per gli attentati in Continente del 1993: via Palestro a Milano, il 27 luglio 1993 (cinque morti); San Giovanni in Laterano, la Cattedrale di Roma e la chiesa di San Giorgio al Velabro, 27 e 28 luglio 1993 (22 feriti); via dei Georgofili a Firenze, 26 e 27 maggio 1993, che provocò 5 morti, 48 feriti, 173 opere d’arte danneggiate a causa della deflagrazione dell’autobomba a due passi dagli Uffizi.
Secondo quanto ricostruito, Bellini tornò in Emilia il 25 maggio, tre giorni dopo la strage di Capaci, con una coincidenza temporale non del tutto in linea con quanto dichiarato dalla Primula Nera negli anni nelle vesti di testimone e collaboratore di giustizia, quando ha sempre sostenuto di essersi recato in Sicilia per incontrare il boss di Altofonte, Antonino “Nino” Gioè, senza però trovarlo, decidendo quindi di tornare subito in Emilia.
Intanto da giovedì Maurizia Bonini, 69 anni, sa che l’ex marito la vuole uccidere. Perché lei cambiando la sua versione al processo di primo grado per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 – il più efferato attentato della storia della Repubblica, che causò 85 morti e oltre 200 feriti – gli ha fatto crollare un alibi durato più di quarant’anni.
Infatti l’ex moglie durante il processo ha riconosciuto Bellini in un filmato amatoriale girato in stazione da un turista svizzero la mattina dell’esplosione, smontandone l’alibi che lei stessa gli aveva fornito. Bonini aveva sempre raccontato che alle 9.30 il marito raggiunse lei e i bambini a Rimini per partire insieme con mèta il Tonale.
Intercettato dalla Procura di Caltanissetta, Bellini ha detto di aver già pagato 50mila euro a qualcuno che portasse a termine il suo piano, colpendo un componente qualsiasi della sua ex famiglia Bonini. Troppo per non intervenire, visto che stava progettando anche una vendetta trasversale verso il figlio di Francesco Caruso, cioè il familiare del presidente dell’Assise di Bologna che in primo grado ha condannato all’ergastolo la Primula Nera. E per il rischio di una possibile reiterazione del reato, la Corte d’assise d’appello di Bologna ha incarcerato Bellini, condotto a Spoleto.
Contemporaneamente la Procura generale di Bologna e la Prefettura di Reggio Emilia hanno inteso tutelare Maurizia Bonini: al momento è stato attivato un primo step di vigilanza dinamica sotto l’abitazione della superteste che si trova in località “Capriolo”, ma nei prossimi giorni potrebbe scattare una protezione più stringente. Nella bella villa dell’ex moglie di Bellini il citofono suona a vuoto, porte e finestre sono chiuse, una piccola statua bianca raffigurante la Madonna “protegge” l’abitazione e lascia intendere che lì si respira una profonda religiosità.
Nel quartiere – dove si trova anche un bar-gelateria – regna la tranquillità e i vicini di casa non hanno notato nulla di strano nei comportamenti della donna negli ultimi tre giorni, cioè da quando è deflagrata la notizia delle minacce di morte. «Per come la conosciamo e vediamo, pare la solita, serena ed impegnata nelle sue cose» si limitano a dire nel quartiere davanti al taccuino.
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