Droga e clan, 64 indagati
Si è ampliata e chiusa l’inchiesta, coinvolte anche due donne reggiane Incontri (a Santa Vittoria), cessioni a clienti di Cadelbosco e Sesso
Reggio Emilia Una morsa chiusasi a tamburo battente sull’operazione “Aspromonte emiliano” relativa al traffico internazionale di stupefacenti in odore di ’ndrangheta reggina e crotonese, con il Reggiano come base logistica nonché sede operativa.
Dopo aver ottenuto l’applicazione delle misure restrittive (37 persone in carcere, 3 agli arresti domiciliari e una sottoposta ad obbligo di dimora), il pm antimafia Roberto Ceroni ha infatti chiuso l’indagine. E da questa “mossa”del magistrato della Dda di Bologna emerge chiaramente come gli indagati siano molti di più: oltre ai 41 raggiunti dalla misura cautelare, altri 23 sono coinvolti a piede libero. Quindi sono complessivamente 64 gli indagati, con due donne di Reggio Emilia (rispettivamente di 29 e 30 anni) che si vanno ad aggiungere ai già noti 15 arrestati nella nostra provincia (per non parlare di chi, pur non essendo domiciliato o residente, gravitava spesso nel Reggiano). Tutto ciò per dire che Reggio Emilia e dintorni si confermano un terreno molto fertile per gli affari ’ndranghetisti, stavolta non marchiati Grande Aracri (come emerso in tante operazioni, Aemilia su tutte) ma per gli inquirenti riferibili alle ‘ndrine Romeo “Staccu” e Giorgi di San Luca (Reggio Calabria) e crotonese (la locale di Cirò Marina). E dai 186 capi d’imputazione gli accertamenti investigativi in chiave reggiana non mancano. Impressionanti i quantitativi di droga giunti nel Reggiano, qui in sosta per lo stoccaggio (in locali ritenuti sicuri) e poi venduti: per esempio intorno al 5 giugno 2020 dieci chili di “polvere bianca” sarebbero stati venduti a due soggetti diversi (gli incontri a Santa Vittoria di Gualtieri), mentre due clienti (uno di Cadelbosco Sopra e l’altro di Sesso) avrebbero comprato altri forti quantitativi di cocaina fra il 9 e il 10 luglio 2020, inoltre un cliente di Sesso (sempre lo stesso?) acquistava 5 chili di marijuana a metà luglio 2020.
Come si può notare, traffici illeciti avvenuti in piena pandemia, aggirando le restrizioni: «Le mafie non si fermano di fronte a nulla. Non si sono fatte intimorire dal covid» commenta il generale di divisione Ivano Maccani, comandante regionale dell'Emilia-Romagna della Guardia di finanza.
Droga che sarebbe arrivata dalla Calabria sin qui viaggiando su camion. Altri smerci di stupefacenti riguardano Modena (collocati dai finanzieri nell’autunno 2020), di mezzo anche una donna modenese 43enne che è indagata a piede libero, inoltre di mezzo due società con sede a Castelfranco Emilia e Spilamberto (intestate a prestanomi per mascherare i trasporti di stupefacenti) e un acquirente di Vignola (però non identificato).
Gente che ha a disposizione delle armi, perché gli investigatori accusano sei indagati di averne detenuto illegalmente. Un elenco fatto di un fucile, varie pistole, nove armi lunghe da guerra, due silenziatori.
Sono stati ricostruiti traffici che sfiorano i 1.200 chili dicocaina, i 450 di hashish e i 95 di marijuana: avevano fruttato all'associazione decine di milioni di euro.
Durante la latitanza, in particolare, Giuseppe Romeo (boss di San Luca) era in grado di gestire centinaia di chili di droga ogni mese dei cartelli sudamericani (fra cui il Primeiro Comando da Capital brasiliano e organizzazioni criminali colombiane, peruviane, messicane e boliviane) e con alcuni altri latitanti italiani. l