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L’analisi

Ma cos’è la follia? Così è cambiata l’idea della pazzia

Sofia Boschi, Tayyab Tahir, Emma Vezzani
Ma cos’è la follia? Così è cambiata l’idea della pazzia

Dalla contrapposizione Bene-Male del Medioevo alle teorie rivoluzionarie di Erasmo da Rotterdam

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Reggio Emilia Ma cos’è la follia? Per effettuare la nostra indagine, la prima domanda che ci siamo posti è che cosa si intenda per follia.

L’etimologia del termine rimanda a qualcosa di “vuoto”, “pieno d’aria”, accezione che in modo simbolico può far pensare alla mancanza di sostanza razionale nella mente del folle.

Nella mentalità comune, infatti, il concetto di follia è spesso posto in antitesi rispetto a quello di “ragione”.

Il folle viene ritenuto infatti una persona in preda all’istinto impulsivo, che compie atti sconsiderati o anticonvenzionali, senza riflettere sull’entità e sulle conseguenze delle proprie azioni.

Oggi il termine assume diverse sfumature di significato: viene utilizzato in modo informale per denotare instabilità mentale o, in riferimento alla follia morale, indica il mancato rispetto di norme etiche ritenute tali dalla comunità.

Il sentimento di paura e allontanamento nei confronti del folle affonda le proprie radici nel passato.

Nel tempo

Il concetto di follia, è mutato notevolmente nel tempo.

Una prima traccia della concezione negativa del folle si rileva a partire dal Medioevo.

La follia, in questo periodo, viene concepita nei termini dell’antica contrapposizione tra Bene e Male come parte dell’umana tragicità.

Il folle è largamente tollerato nella società, ma più che un uomo rappresenta lo stereotipo dell’insensatezza della condizione umana e il covo delle paure dei propri contemporanei. Spesso è associato al demonio, ed è visto come il possessore di un sapere oscuro e proibito, tanto che la differenza con la figura del mago è molto labile.

La paura nei confronti di questo individuo, intriso di misticismo ed enigmaticità, si fa strada nel corso dell’età classica, fino a sfociare in un sentimento di avversione che rimarrà predominante fino al Settecento.

L’età rinascimentale aveva partorito l’idea di ragione, tanto esaltata come facoltà che illumina l’uomo e lo distingue da tutte le altre creature.

Proprio la ragione, però, assume la connotazione di razionalità che “separa”, “divide et impera”, divenendo la base di pensiero che consente di scindere la società in parti, alcune ritenute adeguate e altre da escludere.

I reietti

Tutta l’umanità indesiderata finisce per omogeneizzarsi in una sorta di “calderone bollente” di cui fanno parte individui che condividono l’inadeguatezza alla vita pubblica, tra cui apunto anche i folli.

Nella rappresentazione classica, per osmosi tutte le classi si assomigliano: il folle non è soltanto pazzo ma è anche depravato e avvezzo alla violenza.

Ciò che viene considerato “diverso” rappresenta una minaccia, e deve quindi essere allontanato da tutto.

La concezione della follia, però, non è sempre stata unicamente dispregiativa.

In età rinascimentale emerge infatti il pensiero di Erasmo da Rotterdam, autore dell’opera “Elogio della follia”. In questo scritto il filosofo si discosta notevolmente dalle convinzioni comuni, rivoluzionando il modo di intendere la follia.l

Sofia Boschi

Tayyab Tahir

Emma Vezzani

Classe 4 C

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