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La ergoterapia di Luigi Scabia. Anche il malato ha il diritto di lavorare

Emily Bertozzi, Arianna Menozzi, Matteo Terzi
La ergoterapia di Luigi Scabia. Anche il malato ha il diritto di lavorare

La pazzia nei secoli tra arte, scienza e letteratura vista dagli studenti del Russell all’interno del progetto #Fuoriclasse realizzato con la Gazzetta di Reggio

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Studiando la storia e l’evoluzione del manicomio e della figura del “matto” nel tempo e nella società, ci siamo soffermati sulla struttura manicomiale di Volterra e ci ha sorpreso la direzione di Luigi Scabia.

Egli apportò infatti modifiche sul piano strutturale ampliando il manicomio con nuove pratiche curative sui pazienti, come l’ergoterapia, che prevedeva attività all’interno del manicomio da parte del malato e che portò ottimi risultati. In un periodo in cui nei manicomi regnava un regime carcerario e le principali terapie erano pseudo-scientifiche e consistevano in vere proprie violenze a danno dei pazienti, Scabia ha instaurato una direzione innovativa facendo diventare il manicomio una vera e propria città autosufficiente dotata di strade, fabbriche e negozi in cui venivano impiegati gli stessi malati che si trovavano a gestire l’intera struttura a livello lavorativo.

Questa metodologia è tutt’oggi alla base dei progetti di reintegrazione e rieducazione delle persone che manifestano disturbi mentali.

L’ergoterapia è impiegata sotto forma dei cosiddetti “lavori socialmente utili” come attività di svago e rieducazione dei carcerati o persone che faticano ad integrarsi nella società.

La cosa che ci ha lasciati più sconcertati è come sia stato possibile che molti psichiatri ed esperti dell’epoca abbiamo duramente criticato Scabia accusandolo di sfruttare i malati a livello imprenditoriale per ricavarne profitto senza retribuire il lavoro; invece è risaputo come Scabia usasse il lavoro a scopo medico per permettere ai pazienti di distrarsi mantenendo contatti con la società e preparandosi ad un futuro reintegro.

Nonostante la terapia lavorativa fosse a scopo medico, era adeguatamente pagata e Scabia aveva concesso ai pazienti di aprire dei conti correnti in cui venivano depositati i soldi e ai quali i malati potevano accedere due volte a settimana per soddisfare i propri interessi.

La libertà più importante concessa dal direttore ai malati era proprio quella di lasciarli liberi di gestirsi economicamente, spendendo i soldi, che si erano guadagnati lavorando, liberamente nei negozi cittadini; in questo modo si rapportavano con la società e imparavano a gestire i propri averi. I malati venivano così responsabilizzati e soprattutto fatti sentire uguali alle altre persone.

Scabia secondo noi è stato una mente veramente geniale che ha saputo vedere oltre alle barbare tecniche usate dai suoi predecessori e anche dai suoi successori, tecniche veramente ripugnanti che toglievano la dignità ai malati, che erano visti come dei prigionieri più che come persone bisognose d’aiuto.

Lui ha avuto il merito di non perdere la speranza e di avere fiducia in quelle persone credendo di poterle guarire facendole sentire normali, accettate e non trascurandole ma trattandole con rispetto, garantendogli tutto ciò di cui necessitavano e dandogli libertà.l

Emily Bertozzi

Arianna Menozzi

Matteo Terzi

Classe 4A

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