L’avvento della psicanalisi: al centro c’è la persona
Ma ancora oggi spesso si “ridicolizza” il problema
Reggio Emilia La follia ieri e oggi: è lungo i binari della storia – su come è stata trattata e comunicata la follia – che si è sviluppata la nostra riflessione. La prima evidenza è che ad evolvere, a partire dal Settecento, è stato il trattamento di cura della follia.
Abbiamo studiato il rapporto tra scienza e follia nel corso dell’Ottocento e del Novecento fino ai giorni d’oggi. Per esprimere il pensiero dei maggiori esponenti della psichiatria abbiamo realizzato un cortometraggio, simulando la comunicazione tramite i mass media. Ci siamo chiesti come sarebbe stato un confronto tra queste idee contrastanti, e ne è uscito fuori un interessante dibattito. Come ci saremmo potuti aspettare, l’approccio che la società ha avuto nei confronti delle persone affette da malattie mentali ha avuto differenti sfaccettature nel tempo. Difatti, siamo riusciti a scoprire che soltanto da fine Settecento, grazie all'intervento di alcuni intellettuali francesi dell’epoca, è stato introdotto il concetto di inviolabilità della persona per i pazienti.
Nel corso dell’Ottocento e successivamente del Novecento la situazione si è evoluta, ed in particolare grazie all’avvento della psicoanalisi si è passati da trattamenti fisici a cure psicologiche e studi sull’ambiente sociale nel quale il “folle” si trovava inserito. È stato stimolante realizzare un video nel quale si potesse osservare il divario tra il pensiero più antico, punitivo e fisico, e il pensiero medico di oggi, decisamente più libero e comprensivo.
Utilizzando i mezzi di comunicazione attuali, ci siamo informati su differenti casi di follia recenti. Sin dall'inizio ci ha colpito la facilità con la quale, ad oggi, si possano reperire informazioni su qualsiasi tipo di evento nei dettagli, in pochi istanti e da qualsiasi luogo. Casi come quello di Leonarda Cianciulli, storia di una donna che saponificava le sue vicine di casa negli anni ’40, come molti altri in quel periodo rimasero conosciuti a livello locale, mentre se dovessero accadere in epoca contemporanea otterrebbero velocemente visibilità a livello globale. Otre alla follia “popolare” abbiamo analizzato il rapporto tra follia e potere, prendendo in considerazione il caso di Mussolini, dove ciò che minerebbe la sua immagine pubblica, come una relazione extraconiugale, andava nascosto e internato. Abbiamo ricostruito il percorso che ha seguito nel tempo la divulgazione delle informazioni e ci ha sorpreso come si sia passati dalla censura di persone con comportamenti fuori dal normale, esseri da isolare e rinchiudere in manicomi, alla diffusione illimitata di qualsiasi anomalia come metodo sistematico di comunicazione.
Ciò che ci spaventa è la normalizzazione della follia ai nostri tempi. Nella società odierna, soprattutto nei giovani, si riscontra ilarità nel trattare in maniera frivola questo tema importante. Non sempre le informazioni date dai media arrivano alla società nel modo più adeguato, spesso i social tendono a comunicare casi di mancata salute mentale presentandoli con sventatezza e leggerezza che non dovrebbero appartenervi. Questo meccanismo di banalizzazione progressiva ha portato quindi dal controllo fisico delle persone folli che si aveva nel passato, ad un approccio medico e psichiatrico per arrivare a una ridicolizzazione quotidiana di persone che avrebbero bisogno di cure sanitarie.
Natan Benazzi
Marialaura Bortesi
Giorgia Costa
Lorenzo Carletti
Giacomo Giglioli
Gianmarco Storti
Sara Tritico
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