Uccisero un collega con una pala Condannati a dieci anni di carcere
Pronunciata la sentenza per l’aggressione in cui perse la vita il 38enne Ranjeet Bains
i Serena Arbizzi
Luzzara Sono stati condannati a 10 anni di reclusione ciascuno Charanjit Singh e Paramjit Singh, per il reato di omicidio preterintenzionale. I due fratelli indiani erano colleghi di lavoro della vittima, Ranjeet Bains, 38 anni, alla Quattro B di Codisotto di Luzzara. Il 7 febbraio 2022 lo aggredirono con pugni, calci e a colpi di pala e morì.
Ieri mattina, il giudice Dario De Luca ha pronunciato al sentenza di primo grado con rito abbreviato nei confronti dei due imputati, condannati, inoltre, al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.
I due fratelli sono stati, inoltre, condannati a un risarcimento complessivo dei famigliari della vittima costituiti parte civile di 240.000 euro. In particolare, a favore della vedova Kaur Gagandeep andranno 150.000 euro; per il fratello Jagjeet Bains, il padre Lal Ram e la madre Kaur Mohinder, sono stati disposti 30.000 euro ciascuno. Gli imputati, inoltre, sono stati condannati a pagare le spese di costituzione per la difesa delle parti civili per quasi 6.400 euro.
Il pubblico ministero Giacomo Forte, durante la sua arringa durata circa mezz’ora, aveva chiesto 10 anni di pena dopo aver ricostruito l’attività investigativa. I legali di parte civile avevano presentato una richiesta di risarcimento di due milioni e 300.000 euro tra danno patrimoniale e non patrimoniale per tutta la famiglia.
I due imputati hanno resto delle dichiarazioni spontanee nel corso dell’udienza: hanno chiesto scusa alla famiglia, dichiarando che non intendevano provocare la morte del 38enne.
«Ritengo che questa sentenza sia giusta ed equa come pena, se consideriamo corretta la qualificazione del reato come omicidio preterintenzionale – sottolinea l’avvocato Mauro Intagliata, che assiste le parti civili insieme al collega Francesco Tazzari –. Credo che questa decisione sia viziata da una mancata valutazione da una corretta impostazione sul dolo. La morte, in base all’autopsia, è dipesa dall’uso di una pala che ha colpito al capo tre volte il povero Ranjeet, morto per un arresto cardiocircolatorio dovuto a un trauma cranico. Gli operatori del diritto ora mi dovranno spiegare perché non sia stato contestato da subito l’omicidio volontario. L’aggressione è palese ed è stata punitiva: i due si sono spostati dal posto di lavoro per colpire ripetutamente la vittima. Com’è possibile pensare che tutto ciò sia avvenuto senza l’intenzione di uccidere? Come difensori delle parti civili io e il collega Tazzari ci siamo permessi di indurre il giudice a riflettere se riqualificare il reato in modo più grave per giungere a una sentenza con pena più pesante». «Ci dispiace molto che questo non sia avvenuto. Valuteremo con i famigliari – conclude il legale – se procedere in appello. Agiremo, poi, contro il datore di lavoro, che non ha mai interrotto la sua attività dopo l’omicidio, in sede civile».
Di tutt’altro tenore la posizione delle difese. «Non era assolutamente intenzione degli imputati provocare la morte del collega – affermano gli avvocati Angelo Russo e Annalisa Guano, difensori di Paramjit Singh –. Quest’aggressione è frutto di un fatto episodico e, per quanto riguarda il nostro assistito, il suo ruolo è stato secondario. È intervenuto quando l’aggressione era già iniziata e ha terminato prima ancora che finisse l’aggressione stessa. Avevamo richiesto il minimo della pena, con le attenuanti del minimo contributo al fatto e le generiche».
Anche in questo caso, la difesa valuterà di ricorrere in appello. l