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«Gaida come via Turri, case vendute a 20mila euro»

Ambra Prati
«Gaida come via Turri, case vendute a 20mila euro»

Era l’abitato più antico, ora è una serie di edifici vuoti usati dai clandestini

11 dicembre 2022
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Reggio Emilia «Le case non valgono nulla: sono vuote a deprezzate, nessuno le vuole acquistare. Di recente la porzione di un immobile è stata venduta a 12mila euro, un’altra a 20mila: costa di più il notaio. Qui si è perso il treno. A causa del crollo immobiliare stiamo diventando la nuova via Turri. Se continua così saremo costretti a svendere le nostre abitazioni e ad andare via». Anna ed Edoardo, moglie e marito, sono residenti a Gaida, l’ultima delle frazioni reggiane affacciata sulla via Emilia verso Parma. Un abitato semideserto, che ha conosciuto un progressivo e inesorabile spopolamento: oggi gli abitanti sono 626, in decrescita nell’ultimo triennio.

«E pensare che una volta Gaida una volta era un centro ricco e popoloso: è il nucleo abitativo più antico della via Emilia. Poi lo sviluppo urbanistico ha fatto sì che gli abitanti si spostassero progressivamente verso Reggio», spiega Edoardo. Difatti le origini dell’abitato risalgono addirittura al 781, quando Gaida viene citata in un documento attribuito a Carlo Magno. Da inizio Novecento, grazie alle grandi ville padronali delle famiglie Magnani e Gazzani, e fino al primo dopoguerra, la comunità rimane prospera e vivace. Il declino a partire dagli anni Settanta-Ottanta, complice un piano regolatore particolarmente stringente. Negli anni Novanta si registra una lieve ripresa, grazie agli immigrati stranieri. «Clandestini compresi, che con tutti gli edifici abbandonati che ci sono trovavano un rifugio abusivo per la notte, soprattutto nella parte finale della via Emilia verso Calerno – continuano Anna ed Edoardo – In quel tratto, la sera, c’era da avere paura: sbucavano persone dai cancelli forzati e dalle finestre, molte delle quali sono state murate. Il fenomeno degli “invisibili” negli ultimi tempi si è affievolito. Ma ancora oggi i pochi residenti rimasti sono anziani o stranieri: chi poteva è scappato».

Un abitato fantasma, una sfilza di casolari disabitati: così appare Gaida. «Man mano che i residenti sono morti, gli edifici che incombono sulla via Emilia sono rimasti sfitti e senza vita».

In compenso basta infilarsi nelle stradine laterali per scoprire un’altra realtà non visibile agli automobilisti. Un dedalo di vie, cortili, garage con auto e panni stesi: la maggior parte di queste porzioni di casolari sono in condizioni cadenti, alcune – come quella dei Terenziani – ben tenute. Paolo Terenziani, 59 anni, insieme al fratello al fratello Stefano titolare della Terenziani Arredamenti, è un residente di lunga data: sono i proprietari dell’ex magazzino di via Newton “centrato” dall’auto dell’incidente mortale del 30 ottobre scorso (quattro vittime), ora in vendita. Terenziani mette l’accento sul problema traffico. «Qui non ci sono servizi e ci si mette un’ora per andare a Reggio. Ho abitato per dieci anni a San Faustino, poi le vicende personali mi hanno riportato qui; dei miei amici d’infanzia non è rimasto nessuno. Mi solleva sapere che mia figlia cresca a San Faustino, dove si vive meglio – spiega Paolo – A Gaida si respira parecchio smog. Quando chiudono il casello di Terre di Canossa-Campegine (quest’estate è accaduto spesso) si fatica a dormire: il rumore dei tir non dà tregua, non si può tenere aperte le finestre». Paolo aderisce alla battaglia del comitato per la via Emilia bis. «Voglio credere che un’alternativa sia possibile, anche se non credo che vivrò così a lunga da vedere l’opera realizzata. Però vorrei sapere dal Comune di Reggio perché non si fa più manutenzione: i marciapiedi sono impraticabili, l’asfalto è logoro e sconnesso, le piste ciclabili si interrompono proprio nell’abitato».

Dall’altra lato della via Emilia svettano due grandi complessi avvolti dai rampicanti: uno è villa Magnani, il secondo a fianco è l’ex istituto agrario Motti. Entrambi sbarrati e con recinzioni forzate; le impronte sul terreno e i rifiuti accumulati sono segni dell’utilizzo come dormitorio abusivo. «La proprietà della villa è della Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano (Parma), che se ne disinteressa totalmente. Non è un bel biglietto da visita», spiega Andrea Govi. Alla domanda perché gli immobili abbandonati sulla via Emilia non vengono abbattuti, Andrea risponde: «Per un insieme di motivi. Da piano regolatore anni Settanta questa è una zona residenziale: non si può costruire. Spesso esiste un intreccio intricato di diverse proprietà private: questi casolari erano collettivi, ci vivevano diverse famiglie. Quando c’è la possibilità, i privati mettono in vendita nella speranza di guadagnarci qualcosa. Nelle proprietà pubbliche il problema sono i mille lacci e lacciuoli burocratici, come i vincoli della Sovrintendenza».

Un caso esemplare è l’ex edificio esagonale davanti alla chiesa. «Crollato per il terremoto del 2012, i ruderi non possono essere rimossi per il vincolo: l’autorizzazione non è mai arrivata, è un’oscenità che rimanga così. Nel frattempo hanno rubato di tutto». Nella chiesa (il parroco è unico per le tre frazioni) la messa si fa al sabato pomeriggio. «C’è gente, ma nessun bambino».

L’unico quartiere recente che è sorto si trova sul lato sud, dietro alla chiesa, poco lontano dal parco pubblico di Gaida. «Quand’è nato doveva essere il primo parco di Reggio dotato di zona barbecue e di campi da calcio: progetto naufragato – spiega Daniela Fontanesi – Nel gennaio scorso un gruppo di residenti ha piantumato una fila di alberi per abbellirlo: ma mancava il sistema d’irrigazione e le piante sono morte».