L’attacco del procuratore Paci alla riforma: «Inaccettabile limitare le intercettazioni»
L’affondo durante la serata contro le mafie all’Arci: «In Italia c’è un sistema oltremodo garantista»
Reggio Emilia «È inaccettabile limitare l’utilizzo delle intercettazioni».
Il procuratore capo di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci, interviene su precisa domanda dal pubblico relativa alla riforma della giustizia anticipata in Senato dal ministro ed ex magistrato Carlo Nordio. Il pubblico, formato da oltre cento persone, è quello che ha partecipato all’incontro di mercoledì sera all’Arci Stranieri di via don Sturzo, organizzato dall’associazione “Reggio Diritti e Libertà” sul tema delle mafie attive sul territorio che ha visto come relatori, oltre al procuratore capo, i giornalisti Tiziano Soresina (Gazzetta di Reggio) e Paolo Bonacini.
Il numero uno della Procura si concentra, in special modo, sul paventato giro di vite sulle intercettazioni: «Il ministro sostiene che costano troppo e vengono fatte in gran parte solo su sospetti privi di fondamento, su volontà di pm eccessivi. Non posso approvare un approccio di questo tipo. In realtà in Italia c’è un sistema oltremodo garantista sulle intercettazioni, perché le dispone un giudice su gravi indizi di colpevolezza e sempre un giudice poi le valuta. È inaccettabile limitare l’utilizzo delle intercettazioni, grazie a cui sono stati svelati in questi anni tanti misteri d’Italia, a cominciare dalla criminalità organizzata che viene fortemente contrastata proprio con questo strumento investigativo. Per non parlare della corruzione...».
Il procuratore capo, inoltre, ha spiegato i motivi che lo hanno portato a Reggio Emilia: «Non sono venuto qui per caso. Volevo vedere come funziona la giustizia qui, al nord, volevo capire quali barriere ci sono per impedire lo sviluppo della criminalità organizzata e cosa non ha funzionato. L’ho ritenuto un luogo interessante per il radicamento di ’ndrangheta che ha. Io ritengo che per capire un fenomeno occorra molto tempo nell’analisi e nella comprensione. Sono un magistrato da marciapiede che sta nelle retrovie per studiare meglio i fenomeni».
Paci ha inoltre rivelato gli sforzi necessari per cercare risorse adeguate per la Procura «che opera su un territorio dagli alti indici di criminalità. In pianta organica sono previsti 10 pm, ma il Csm non ha ancora bandito questo decimo posto. Relativamente al personale amministrativo c’è una scopertura del 40%. Su questo versante ringrazio i volontari dell’Auser ed ex membri delle forze dell’ordine che ci aiutano a puntellare la situazione».
I due giornalisti al tavolo, Soresina e Bonaccini, hanno integrato le riflessioni del procuratore Paci toccando molti argomenti; il business criminale milionario della falsa fatturazione, Aemilia e le altre indagini antimafia arrivate fino ai giorni nostri, il ruolo illecito che continuano a giocare molte professionalità e imprenditori reggiani, l’affacciarsi degli appetiti di altri clan calabresi in Emilia.
Entrambi i cronisti si sono trovati d’accordo nello stigmatizzare le recenti parole, a Reggio Emilia, del nuovo sindaco di Cutro (Antonio Ceraso, ex comandante di polizia locale) che in primis ha liquidato Aemilia come una vicenda giudiziaria “di mele marce che ci sono dappertutto”. Da qui la secca puntualizzazione dei due giornalisti: «Non si può banalizzare così un’operazione che ha incastrato una cosca formata da centinaia di persone, con vincoli di sangue e spesso armate, espressione di un’organizzazione a dir poco rodata e radicata nel territorio».
Lo stesso Ceraso ha dichiarato che “se un lontano parente ha commesso un reato, non è giusto che tutta la famiglia venga inserita in una black list”. Frase rispedita al mittente da Soresina e Bonacini: «Non esiste nessuna discriminazione verso i cutresi, le interdittive antimafia sono previste dal codice antimafia come strumenti per prevenire la penetrazione dell’imprenditoria mafiosa, tutelando la libera concorrenza e la buona imprenditoria. Possiamo solo ringraziare il gran lavoro sul tema del prefetto Antonella De Miro prima e ora della collega Iolanda Rolli». l