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La Pulce modello di socialità

Gabriele Farina
La Pulce modello di socialità

Il rapporto 2022 di Antigone: riscoperti sport e teatro in carcere dopo l’emergenza. D’Amaro: «Reggio è stata una delle prime strutture a riprendere i colloqui in presenza»

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Reggio Emilia Risollevarsi dal Covid, riscoprire i progetti per rendere migliore la quotidianità e costruire un futuro di redenzione.

L’ultimo rapporto di Antigone, l’associazione che si occupa dei diritti dei detenuti, contiene segnali di speranza per le persone che si trovano nel carcere della Pulce di Reggio. Di recente, infatti, è stato pubblicato il 18° resoconto annuale, dal titolo “Il carcere vissuto da dentro”, e le 177 pagine del rapporto offrono uno spaccato, aggiornato allo scorso aprile, degli istituti penitenziari italiani.

La struttura di via Settembrini è più volte citata in merito a problematiche sollevate in carcere e a progetti lanciati presso la stessa sede, indicati come un modello.

Il primo riferimento è ai progetti lanciati con l’ente di promozione sportiva Uisp. La Pulce è citata con altre carceri quali il fiorentino Sollicciano e il romano Rebibbia.

Gli osservatori dell’associazione hanno riscontrato che sono organizzate «attività in tutte le sezioni, anche nel femminile e in quella transgender» all’interno dell’istituto reggiano.

L’ultima sezione citata è una delle peculiarità del carcere reggiano. Dai dati del rapporto si apprende che le persone trans negli istituti penitenziari italiani erano 63 al 15 febbraio 2022, data dell’ultimo aggiornamento. Dodici gli istituti che possono accoglierle, tra cui La Pulce, che in quella data ne aveva dieci. È il terzo numero più alto su scala nazionale dietro Rebibbia Cinotti nella Capitale (quindici persone detenute) e Como (dodici).

A livello qualitativo, la situazione appare in miglioramento. «Non si registra nessuna detenuta trans in isolamento preventivo – è sottolineato nel rapporto –, né in allocazione temporanea».

Al contrario, la ripresa dei progetti è avvenuta a Reggio Emilia più rapidamente che altrove. A renderne conto è Anna D’Amaro, referente del Movimento identità transessuale (Mit) di Bologna.

«Dal 2021 siamo riuscite a riattivare i colloqui in presenza a Milano San Vittore e il presidio fisso del lunedì a Reggio Emilia – attesta D’Amaro –: per il resto delle strutture riceviamo le richieste di colloqui online direttamente dalle detenute».

Le attività in presenza sono una riscoperta dopo le difficoltà causate dalla pandemia. Ancora una volta, alla Pulce la ripresa appare più veloce che in altri luoghi.

D’Amaro descrive l’esperienza organizzata in carcere lo scorso aprile con il festival “Divergenti”. «Il festival del cinema trans ci consente di promuovere una narrazione che altrove ha poco spazio – tributa la referente del progetto per il Mit –, creando un focus sulle esperienze di chi ha un’identità di genere non conforme».

Il significato del festival tenutosi a Reggio Emilia è apprezzato dalla stessa referente, che considera «importante per le detenute ritrovarsi in queste storie e sentire per una volta le loro vite al centro della scena».

L’ultimo riferimento nel rapporto a Reggio Emilia riguarda l’ex ospedale giudiziario (Opg) di Reggio Emilia. Il modello dell’Opg è stato dichiarato superato dalla Regione ormai sette anni fa.
L’evoluzione dell’Opg prende il nome di Rems, ovvero residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. La struttura reggiana può ospitare fino a trenta pazienti. È stata inaugurata nel dicembre scorso dopo lavori per oltre 6,3 milioni di euro.

Il rapporto di Antigone illustra come Reggio Emilia abbia fatto controtendenza ancor prima del superamento degli Opg, sostituendo gli agenti di Polizia penitenziaria con personale sanitario. L’avanguardia è descritta come «sola, parziale e problematica eccezione».