«Bene Zaynab contro il razzismo, denunciare è fondamentale»
L’ex atleta italo-marocchino Ghassan Ezzarraa si schiera con l’azzurra rubierese: «In Italia le leggi non hanno fatto ancora passi avanti, la sfida è educare gli adulti»
Reggio Emilia «Denunciare il razzismo non è solo importante. È fondamentale».
Ghassan Ezzarraa non nutre alcun dubbio: Zaynab Dosso ha fatto bene a esporre le offese ricevute sabato a Roma nell’indifferenza generale dei presenti.
Ezzarraa è un ex atleta italiano di origine marocchina. Nel gennaio del 2020 ha prestato giuramento alla Repubblica italiana in Sala del Tricolore. Oggi è un educatore di 26 anni. Ha appeso le scarpette dell’atletica al chiodo, ma non abbandona la campagna per dare ai cittadini nati in Italia maggiori diritti.
«Rischiamo anche in Italia una deriva come avviene nelle banlieue francesi – teme l’educatore –, in cui i ragazzi non si sentono integrati perché non sono riconosciuti i loro diritti. In Italia c’è quasi un milione di ragazzi che vivono nel nostro Paese e spesso si ritrovano a 18 anni senza diritti. Studiano Giurisprudenza e Medicina, ma non possono partecipare ai concorsi pubblici perché non hanno la cittadinanza. Allo stesso modoAllora Rosa e Luciano erano responsabili dello storico stand gnocco e baccalà”., non possono partecipare ad altri concorsi, come quelli per le forze armate. Tutto ciò è estremamente limitante».
Da anni Ezzarraa si batte per lo “ius culturae”, il diritto che permetterebbe agli stranieri di acquisire la cittadinanza italiana in virtù degli studi effettuati in Italia. Il dibattito è aperto da anni.
«Purtroppo, le leggi nel nostro Paese sono rimaste le stesse – recrimina il 26enne – e ogni volta che si prova a fare una legge che tuteli maggiormente tali persone ci si ritrova in una situazione in cui non c’è mai il coraggio di prendere in mano la questione. È un fatto che riguarda sia la destra sia la sinistra».
La campionessa rubierese Dosso ha chiesto a «chi ha vinto le elezioni» di dare «un segnale forte contro il razzismo». L’ex atleta reggiano ricorda un caso in cui un sindaco della Lega (il pavese Fabrizio Fracassi) s’è distinto per l’inclusione. È la vicenda della pesista Danielle Frédérique Madam, che nel 2020 ha denunciato un episodio di razzismo nella città lombarda. Il sindaco l’ha difesa e ha scritto personalmente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere a nome dell’atleta la cittadinanza, poi ottenuta. «Non è una questione di colore politico – spiega Ezzarraa – ma di riconoscere i cittadini e di comprenderne il valore».
Per il 26enne devono essere spesso gli adulti a imparare dai giovanissimi. «I bambini non stanno nemmeno a guardare il colore della pelle – certifica l’educatore –. Se si chiede loro come stanno gli amici neri non capiscono perché li identificano con i nomi e non con il colore della pelle. È un messaggio che i bambini hanno assimilato, ma che dovrebbe arrivare agli adulti».
Persistono fatti di cronaca che spirano in un’altra direzione. «Un ragazzino di 14 anni che milita in una squadra reggiana ha ricevuto insulti quali “scimmia” e “negro” – ripercorre Ezzarraa –. Come vogliamo che crescano i nostri figli? Come ci aspettiamo che siano integrati quando sono feriti dai commenti? Da educatore si fa molta fatica a spiegare che non tutti gli italiani sono razzisti. Se un ragazzino di 14 anni non è integrato rischia di prendere cattive strade e ciò non dovrebbe succedere».
Il 26enne ricorda che gli insulti sono volati non in campo, ma dagli spalti. «I genitori che insultano andrebbero presi e denunciati dalla società – sostiene l’educatore –. Sarebbe una presa di responsabilità da parte loro».
La cittadinanza concessa a Ezzarraa ha avuto nel 2020 un’eco nazionale. Eppure, il giovane non osserva i risultati attesi due anni fa.
«Non ci sono stati gli effetti che speravo nel 2020 – osserva il 26enne –. Si può dire che la situazione sia rimasta più o meno la stessa. Una parte dei giovani è più aperta e non percepisce le differenze che invece una parte degli adulti avverte ancora».
Ezzarraa ha ricevuto insulti, lasciandoseli scorrere sulla pelle. «Sui social la gente si è sbizzarrita nei commenti sugli articoli che riguardavano la mia cittadinanza – rimarca l’educatore –. Sono dell’idea che sui social si possa scrivere quello che pare. Certe offese mi entrano in un orecchio e mi escono dall’altro».
Il giovane ha avuto modo di osservare dal vivo insulti razziali e si è ritrovato egli stesso oggetto di conversazioni non necessariamente piacevoli. «È divertente quando ti fermano per strada e parlano contro gli stranieri – racconta Ezzarraa –. Quando gli faccio notare che anch’io sono di origine straniera mi rispondono: “Non c’entra, tu sei diverso”. Con molti amici ho avuto discussioni sulla cittadinanza. Spesso emergono frasi del tipo: “Non siete tutti uguali”».
Non si può fare di tutta l’erba un fascio nemmeno per quanto accade sui campetti sportivi. All’esempio citato dall’educatore si può dunque contrapporre il segnale lanciato durante una partita di calcio under 16 in Lombardia. Agli insulti ricevuti da un giocatore i compagni di squadra hanno deciso di uscire compatti dal campo prima del fischio finale.
Ancora una volta, l’esempio giunge dai giovani. «Dovremmo far notare agli adulti che esistono altre culture – risponde Ezzarraa, condannando ancora una volta gli insulti razzisti –. Ripeto: è un percorso che riguarda più gli adulti che i ragazzi».
Esistono esempi virtuosi anche tra gli adulti. La Prefettura di Reggio Emilia ha ricevuto negli scorsi giorni apprezzamenti ministeriali per il progetto Siccs – Strategie interculturali per costruire coesione sociale, ideato dal prefetto Iolanda Rolli.
D’altronde, nel territorio reggiano non sono mancati Comuni che hanno attribuito la cittadinanza onoraria a minorenni stranieri nati in Italia. Un messaggio chiaro per le istituzioni nazionali. «I Comuni sono direttamente interessati dal tema dell’inclusione – la lettura dell’educatore – S’interfacciano ogni giorno con questi temi».
Ezzarraa non ha dubbi: l’integrazione è la chiave per la convivenza, se non la sopravvivenza. Il raffronto con la previsione Istat è significativo. L’istituto nazionale di statistica prevede che nel 2070 vivranno in Italia 47 milioni di persone, circa 12 milioni in meno di oggi. Nel dossier statistico Immigrazione 2017 di Idos appare un’altra previsione: circa un terzo della popolazione sarà di origine straniera.
«Tra cinquant’anni, l’Italia sarà più o meno come gli Stati Uniti d’America di oggi – conclude l’educatore – ovvero con tanti italo-ghanesi, italo-cinesi, italo-nigeriani. È quello che sta succedendo nel mondo: le persone si innamorano e dal frutto dell’amore nascono i bambini. Dovrebbe essere normale, non un problema».