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Intubato tardi, neonato invalido

Ambra Prati
Intubato tardi, neonato invalido

Il piccolo, nato sano, a pochi mesi è rimasto senza ossigeno per più di venti minuti, riportando danni cerebrali permanenti. Ora i genitori accusano i medici di negligenza

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Reggio Emilia Un neonato di quattro mesi, intubato troppo tardi – perlomeno questa è la tesi della famiglia – è rimasto senza ossigeno per venti minuti: così il piccolo, nato sano, ha riportato un handicap permanente gravissimo. Ora i genitori reggiani, convinti che ci si trovi di fronte a un caso di malasanità e che la loro tragedia sia derivata dalla presunta negligenza dei medici dell’ospedale, hanno avviato un contenzioso civile. In ballo c’è un risarcimento da un milione di euro.

Il neonato è nato quest’anno: una gravidanza tranquilla, seguita da un parto altrettanto liscio. I genitori sono tornati a casa felicissimi per il lieto evento. Dopo pochi mesi il neonato ha accusato febbre alta, problemi respiratori e difficoltà ad alimentarsi: perciò è stato ricoverato d’urgenza in un ospedale del Nord Italia. Quando il piccolo ci arriva era già gravissimo e in stato di semincoscienza, colpito da un arresto cardiaco cardiocircolatorio prolungato: i medici l’hanno intubato, hanno somministrato dei farmaci e tentato a lungo di rianimarlo ma – come è emerso in seguito alle perizie di parte – hanno lasciato trascorrere «verosimilmente un tempo superiore ai venti minuti».

Risultato: il neonato ha riportato una gravissimo danno cerebrale, con una invalidità permanente al 95%, sempre secondo i periti di parte.

Da allora la vita per i genitori è cambiata in modo radicale. Papà e mamma, residenti in città, hanno dovuto assistere il neonato a tempo pieno e hanno dovuto pagare di tasca propria costose terapie in un centro privato specializzato; terapie che potranno migliorare la qualità della vita, ma non potranno mai guarire il piccolo.

«Si può immaginare quanto i genitori siano rimasti sconvolti di fronte a una tragedia del genere – osserva l’avvocato Corinda Cracchiolo del foro di Reggio, alla quale si è affidata la famiglia – La mamma, che dedica tutto il suo tempo al figlio e lo segue in ogni cura, è diventata così esperta da usare ormai un linguaggio medico».

Il legale ha fatto svolgere due perizie di parte, affidate a differenti medici legali, per accertare se c’erano i presupposti per procedere alle vie legali. Secondo i periti di parte «il gravissimo danno biologico» del neonato «deve ricollegarsi alle gravi condotte negligenti tenute dagli operatori sanitari», che avrebbero sbagliato «il trattamento e la gestione delle manovre rianimatorie» e soprattutto avrebbero lasciato passare troppo tempo, «verosimilmente superiore ai venti minuti», prima di intervenire.

Occorre sottolineare che si tratta di una interpretazione di parte perché, come spiega l’avvocato Cracchiolo, «siamo in una fase ancora stragiudiziale. Nonostante le diffide e perizie che abbiamo inviato all’ospedale, la controparte si è limitato a dichiarare che il caso è in istruttoria. Nel frattempo, per accorciare le tempistiche sempre molto lunghe in questi casi, ho già depositato istanza di mediazione ed è stata fissata la data».

Difficilmente la mediazione stragiudiziale andrà in porto; è probabile che lo studio legale del nosocomio opporrà una versione (e conseguenti atti documentali) opposti.

In ogni caso si tratta di un passaggio obbligato per il riconoscimento del danno provocato e, aggiunge l’avvocato Cracchiolo, «per assicurare un’esistenza degna a questa creatura».