Il processo Aemilia diventa un docufilm per la Rai
I registi in aula all’udienza di Grimilde. Sentito il teste Villirillo che dice voler dissociarsi: «Gli Oppido non truffano»
Reggio Emilia Non è passata inosservata, ieri mattina in aula al processo Grimilde, la presenza dei registi Claudio Canepari e Giuseppe Ghinami, accompagnati dal giornalista reggiano Paolo Bonacini. Il motivo è presto detto: da circa un anno stanno lavorando alla produzione di un docufilm per Rai fiction, con al centro la maxi inchiesta Aemilia che ha scoperchiato il massiccio radicamento ’ndranghetista in Emilia.
La sceneggiatura del docufilm è pronta – è stata scritta dai due registi insieme al giornalista Bonacini e al collega Giovanni Tizian – ed ora la casa di produzione (Fidelio srl) è impegnata nelle riprese in loco. Con l’ausilio di attori verranno ricostruite le fasi salienti dell’operazione Aemilia: dai blitz alle intercettazioni telefoniche più significative fra gli ’ndranghetisti. Il docufilm sarà di due ore e dovrebbe venir consegnato alla Rai nel febbraio 2023 per la messa in onda in un periodo ancora non stabilito. Una presenza cinematografica quasi profetica, visto che proprio ieri l’avvocato Antonio Piccolo – difensore di Gaetano e Domenico Oppido – ha chiamato in causa, come testimoni, una serie di condannati di primo piano nei recenti e più importanti processi di ’ndrangheta (in special modo Aemilia). Sette persone coinvolte in reati connessi, quindi con la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere o se depongono di essere assistiti dal proprio difensore oppure dall’avvocato d’ufficio (in aula è presente l’avvocatessa Rita Gilioli).
Sono tutti ristretti in carcere e pian piano, con i videocollegamenti dalle strutture penitenziarie, sono state ricostruite le varie posizioni. Hanno deciso di non rispondere Gaetano Blasco e Giovanni Abramo, mentre saranno sentiti lunedì prossimo Luigi Muto e il boss Nicolino Grande Aracri perché intendono essere affiancati dai rispettivi avvocati di fiducia. In tre hanno invece parlato. Articolata la deposizione di Romolo Villirillo: è condannato in via definitiva in Aemilia, mentre la sua posizione in Grimilde (nel troncone dei riti abbreviati) è stata stralciata e gli atti inviati alla Dda di Catanzaro. Villirillo è accusato, in Grimilde, di aver avuto una parte nell’affare Oppido che per la pm Beatrice Ronchi consiste in una maxi frode (da oltre 2 milioni di euro) al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Nello specifico, sulla base di una sentenza falsificata che attestava un inesistente diritto risarcitorio, il Ministero accreditò a luglio del 2010 quella maxi somma a una società riconducibile agli Oppido, imprenditori edili calabresi da anni a Cadelbosco. Ebbene, Villirillo da tempo dice di volersi dissociare dal clan, ma in cambio chiede la revoca del carcere duro a cui è sottoposto (richiesta rigettata a più riprese e sollecitata invano anche ieri ). In aula spiega di aver saputo al tempo dell’affare Oppido da Antonio Valerio (ora pentito) e da Nicolino Sarcone, ritiene coinvolto Renato De Simone, mentre difende gli Oppido («Se avessero saputo che era una truffa non l’avrebbero fatta») rimarcando di conoscerli da vecchia data (anche attraverso il padre). Dell’affare Oppido si ritengono, invece, all’oscuro Antonio Silipo e Michele Bolognino, quindi per loro solo due brevi deposizioni.