Brescello, per Salvatore Grande Aracri la pena scende a 14 anni e 4 mesi
Ieri il secondo grado sulla ’ndrangheta. Per il 43enne cadono tanti capi di imputazione ma regge l’associazione mafiosa
Reggio Emilia Sostanziose riduzioni di pena, una raffica di assoluzioni e condanne riformate per le figure minori, ma sull’associazione mafiosa il quadro accusatorio ha retto in secondo grado. Questo l’esito – piuttosto veloce, la corte si è ritirata alle 13 per uscire con la sentenza alle 16 – del rito abbreviato a Bologna di Grimilde, al centro gli affari in odore di ’ndrangheta della famiglia Grande Aracri di Brescello.
L’imputato eccellente è Salvatore Grande Aracri (il fratello Paolo e il padre Francesco sono tuttora imputati nel rito ordinario di Grimilde a Reggio), passato da una condanna a vent’anni in primo grado a una a 14 anni e 4 mesi.
Il 43enne Salvatore, detto “calamaro”, da tempo nel carcere di Spoleto, deve rispondere di una lunga sfilza di reati: associazione mafiosa, due estorsioni, un furto, appropriazione indebita, caporalato, diverse intestazioni fittizie. Nei suoi confronti parecchi capi d’imputazione sono caduti per mancanza di querela, per proscioglimento, per derubricazione, perché è stata esclusa l’aggravante dell’agevolazione della mafiosità o per intervenuta prescrizione: da qui il ricalcolo della condanna e la contestuale revoca della confisca dell’immobile di sua pertinenza in Strada Breda Vignazzi a Brescello. Il “macigno” dell’associazione mafiosa però è rimasto grazie soprattutto all’affare Oppido, riconosciuto – come ha dichiarato in aula il pm della Dda Beatrice Ronchi – come «corale espressione della consorteria mafiosa».
Sono caduti molti birilli, è rimasta al centro la palla principale. Perciò l’avvocato difensore Giuseppe Migale Ranieri, che aveva fatto un’arringa di due ore, non ha esultato. «Sono soddisfatto a metà – ha dichiarato Migale Ranieri –. Sono convinto che il mio assistito non abbia fatto parte di alcuna associazione a delinquere e, qualora ne facesse parte, di certo non è un promotore. Prova ne è che per la quasi totalità dei capi d’imputazione è caduta l’aggravante di aver agevolato l’associazione».
Per Rosita Grande Aracri, figlia di Francesco, la pena è stata rideterminata in due anni. Assolto lo zio di Salvatore, il boss ergastolano Nicolino Grande Aracri, che qui non aveva l’associazione.
Altri sconti di pena hanno riguardato Francesco Muto (8 anni, 20 mesi e 20 giorni), Cesare Muto (2 anni e 8 mesi), Antonio Muto (2 anni e 10 mesi), Giuseppe Strangio (6 anni e 8 mesi), Domenico Spagnolo (6 anni e 8 mesi), Leonardo Villirillo (8 anni e 10 mesi) e Giuseppe Lazzarini (9 anni).
Assoluzione piena per Francesco Berlingeri, Simone Bologna, Ivan Catellani, Franca Valla, Filippo Mattiolo, Rosetta Pagliuso, Rossella Lombardo, Domenico Parrinelli, Donato Clausi (il commercialista) e Monica Pasini: per loro viene meno anche il risarcimento del danno.
«La platea di chi sarà obbligato a risarcire si è ridotta, ma sono state confermate le provvisionali del primo grado – ha detto l’avvocato Salvatore Tesoriero –. Per il Comune di Brescello 100mila euro, per la Regione 200mila euro».
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