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Reggio Emilia, la lezione dal Campovolo: sensibilizzare con la musica

Alice Benatti
Reggio Emilia, la lezione dal Campovolo: sensibilizzare con la musica

Scommessa vinta per le sette artiste protagoniste del concerto di sabato. Il messaggio per l’Italia: «L’amore non è mai violenza»

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Reggio Emilia Sembra ancora di sentirle le voci delle centomila che hanno partecipato alla grande festa musicale al Campovolo contro la violenza sulle donne.

Per oltre sei ore, instancabilmente, la “folla rossa” che ha invaso la Rcf Arena ha cantato insieme ai quindici grandi artisti che si sono avvicendati sul palco per ricordare che l’amore non è mai violenza. E far crescere la cultura della denuncia. Lo hanno fatto donne e uomini, insieme, dalle 19.30 fino a quasi le 2 di ieri. Certo, a leggere i commenti (che sul web non si sono sprecati), per alcuni il concerto è durato fin troppo ma una cosa sembra aver messo tutti d’accordo: “Una. Nessuna. Centomila” è stato un incredibile strumento di sensibilizzazione attraverso il pop su un fenomeno che nel nostro Paese non accenna a fermarsi. Una straordinaria cassa di risonanza contro la violenza di genere, di cui il femminicidio è soltanto la forma più estrema. Minacce, maltrattamenti fisici e psicologici, atti persecutori, percosse, abusi sessuali: sono tante le “facce” di questo cancro sociale.

Laura Pausini, l’ultima delle sette magnifiche della musica italiana ad esibirsi prima del gran finale che le ha viste cantare all’unisono sulle note di “You’ve got a friend”, ha raccontato di aver lavorato personalmente alla direzione del suo set (quello più esplicitamente centrato sul tema di fondo) insieme a Luca Tommasini, ringraziando poi tutti coloro che «sono stati fondamentali per riuscire a concentrare il messaggio che volevamo dare: sensibilizzare ascoltando le voci e i racconti di chi purtroppo questa violenza l’ha vissuta davvero, e ricordarvi i numeri di denuncia e il gesto di richiesta d’aiuto». Il riferimento è al “Signal For Help” (in italiano, segnale per l’aiuto) ovvero al gesto della mano identificato a livello internazionale per segnalare in modo silenzioso un abuso e chiedere aiuto, anche in presenza dell’aggressore. Protagonisti del suo set (sette quelli di cui è stata teatro la Rcf Arena nel corso del concertone) che si è aperto con la telefonata alla polizia di una donna che chiede aiuto, storie dai centri antiviolenza e contributi video di Roberto Bolle, Alessandro Cattelan e Luca Argentero. Durante la conferenza stampa che ha preceduto l’inizio dell’evento, Pausini ha raccontato di essere stata contattata da una donna di Torino vittima di violenze e di aver mandato la polizia a casa sua per intervenire.

Dal palco Emma, volto di campagne di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne e gli stereotipi di genere (ricorderete lo spot di Lines), ha gridato che «le rivoluzioni si fanno sotto il palco e non da casa sul divano». Poi che «bisogna parlare ma anche aggiungere i fatti e stasera abbiamo creato un fatto bellissimo». Infine, in un post di ringraziamento condiviso sul suo profilo ufficiale, ieri ha rammentato ai fan che sarà sempre dalla parte delle donne.

Alessandra Amoroso nel pomeriggio di ieri sui social ha parlato invece di serata indimenticabile «dedicata a quell’amore vero, che esiste e del quale dobbiamo essere circondate e circondati».

Un concerto che, come ha annunciato Fiorella Mannoia, non sarà l’unico di questo genere. «Abbiamo intenzione di continuare affinché non vengano spenti i riflettori», ha detto la cantante.
Nell’attesa di scoprire la prossima serata di parole e musica per sostenere la causa, da quanto si legge sui social la temperatura dell’entusiasmo dei fan che ieri sera hanno accesso il Campovolo è stata altissima. «Io c’ero! Unite per gridare basta: il nostro fermo e coraggioso no alla violenza fisica e psicologica sulle donne».
«“Nessuna” poi “una”, ma insieme “centomila”», scrive una fan insieme alla foto del braccialetto del concerto. «Inspiegabili le emozioni forti che hanno suscitato questi artisti... un grido contro la violenza sulle donne, l’unione come protesta», la parole di un’altra delle centomila.

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