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Intervista al presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano: «Volevano farmi fuori»

Enrico Lorenzo Tidona
Intervista al presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano: «Volevano farmi fuori»

Bertinelli rompe il silenzio dopo gli attacchi: «Mandato politico su di me, ma ho vinto»

05 marzo 2022
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REGGIO EMILIA. «Hanno tentato di farmi fuori dal Consorzio, con un preciso mandato politico. Ma non ci sono riusciti mentre io ne sono uscito più forte di prima». Nicola Bertinelli è appena uscito dal tritacarne. Per quasi due mesi si è autosospeso dalla prestigiosa carica di presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, formaggio punta di diamante dell’agroalimentare mondiale che vale 2,7 miliardi di euro. Ha tolto le mani dalle leve in via precauzionale dopo una puntata del programma “Report” di Rai3, che documentò come nell’azienda della famiglia di Bertinelli veniva prodotto anche il formaggio «Il Senza», presunto «similare» del re dei formaggi e quindi suo potenziale concorrente. Ma le analisi svolte dai tecnici del Consorzio hanno invece stabilito che «sulla base delle evidenze, il formaggio “Il senza”, non appartiene alla medesima categoria merceologica della Dop». Pertanto «non esiste alcuna violazione delle norme dello statuto». Di quel formaggio, oggi, nel quartier generale di Bertinelli - azienda agricola con annesso bar, ristorante, negozio e piscina con cascatina in stile Miami in mezzo alla campagna di Noceto - restano solo un paio di panetti di burro.

Le punte sono sparite «per evitare ulteriori polemiche» dice il presidente, che racconta per la prima volta come ha vissuto quelle settimane in cui, afferma, «ho perso il sonno» ma che lo hanno visto tornare saldo in sella alla corazzata del Parmigiano Reggiano.

Presidente Bertinelli, com’è il clima ora nel Consorzio?

«La base è con me. Alcuni di loro hanno addirittura ripreso certi amministratori perché una vicenda che riguardava il nostro interno è stata mal gestita e strumentalizzata».

L’accusa in sintesi è di non essere stato il portabandiera della tutela del re dei formaggi. È così?

«Non è stato fatto nulla al di fuori dal disciplinare. Non è stato commesso alcun reato penale o civilistico. La questione riguardava lo strumento che regolamenta la convivenza con i soci, cioè lo statuto, che in un suo articolo doveva essere interpretato. Quindi per molti è stato gestito in modo irresponsabile, con persone che si sono esposte andando sui giornali».

Sembra l’ennesima resa dei conti. Fuori se ne parla ancora.

«È stata una cosa deflagrante ma dentro il nostro mondo. Fuori non è interessato».

Insomma.. il servizio di Report ha avuto una forte eco.

«Quello che è successo è evidente perché il mandate è manifesto».

Ci fa i nomi?

«Non ha più importanza e non voglio accendere fuochi. Abbiamo girato pagina ma basta leggere gli interventi contro di me per capire».

Chi intende? Esponenti di Confcooperative, i reggiani, i mantovani? Chi?

«Chi ha portato l’affondo per tentare di recuperare la sconfitta elettorale che mi ha visto rieleggere lo scorso aprile».

Però si è arrivati a un accordo in cui si dice che quel formaggio non si può più fare.. Avete sanato la situazione?

«Per il comparto è stato un brutto modo di fare politica perché si è cercato di usare la diffamazione per tentare di recuperare una sconfitta. Su “Report” credo che la vigilanza Rai stia facendo uscire la dinamica su un metodo che ritengo alquanto discutibile».

Loro però hanno fatto il loro mestiere di giornalisti.

«Sì ma in maniera secondo me superficiale. Perché poi il Consorzio ha avviato una commissione di indagine verificando la regolarità con dei sopralluoghi in azienda. Hanno concluso che quanto fatto era illegittimo».

Lo fate ancora “Il senza”?

«Non lo tengo più e per me è un danno anche economico. Eravamo partiti nel 2012 per fare una linea di prodotti destinato a chi non compra il Parmigiano. Quindi vegetariani, ebrei ortodossi, indiani, con tanto di marchio registrato, un parere chiesto al Mipaaf, investimenti importanti. Quindi non è un similare. A me ne era rimasto in magazzino perché il mercato si era fermato e naturalmente è invecchiato ma lo potevo vendere. Ne lavoravo 400 forme sulle 20mila che facciamo in azienda all’anno».

Ora però c’è una delibera che fissa l’invecchiamento in soli sei mesi no?

«Vale per gli amministratori ma verrà ampliato. Comunque solo lo 0,4% della produzione del Parmigiano Reggiano riguarda produzioni di questo tipo. Il mercato dei similari paga molto poco».

Riduce tutto a un attacco contro di lei?

«Sì, un attacco politico assolutamente superficiale secondo me. È stato presentato anche un dossier per cercare di fare leva su presunte dichiarazioni mendaci che però non c’erano: anche quelle smontate. Quell’attacco ha messo a rischio la reputazione del Parmigiano Reggiano in un momento estremamente delicato. Tengo a precisare che sono molto chiari i mandati ed è molto chiaro che sono degli esponenti isolati, singoli, di una componente di rappresentanza politica».

Non è che paga anche le pubblicità che avete dovuto correggere: quella su Renatino, il filo d’erba e così via...

«All’attacco si sono infilati altri a cui non sto simpatico. Ma io voglio essere l’amministratore che ha fatto ricco il comparto, non voglio essere quello più simpatico».

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