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A Casa Betania la solidarietà si fa grazie a tante famiglie

Caterina Chiossi
A Casa Betania la solidarietà si fa grazie a tante famiglie

Da vent’anni sono accolti i bisognosi che diventano parte di una comunità Il direttore Pellizzari: «Qui gli “ultimi” trovano affetto e la forza di ricominciare»

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ALBINEA. Se Papa Francesco venisse a visitare la Provincia di Reggio Emilia senz’altro si fermerebbe ad Albinea a Casa Betania, perché è il luogo dove le sue parole sono davvero diventate realtà di tutti i giorni. Come?

la storia

«Venti anni fa – racconta Davide Pellizzari, direttore di Casa Betania – i parrocchiani di Albinea decisero che la chiesa non doveva essere solo il luogo dove le persone si ritrovano per pregare e per ricevere i sacramenti, ma il luogo dove si dà conforto e ascolto a tutti soprattutto ai più bisognosi anche in modo concreto».

Decisero così di dare accoglienza a coloro che si trovavano in un momento di bisogno e che non sapevano dove andare.

«Il primo ospite – continua Pellizzari – fu un senzatetto, accolto in una piccola stanza nel seminterrato della parrocchia. Presto ci si rese conto che le richieste si moltiplicavano e non ci si poteva voltare dall’altra parte. Così i volontari della parrocchia, confrontandosi con le Case di Carità di Reggio, iniziarono a riflettere su come dare vita a un progetto più ambizioso: costruire una comunità dove le persone in difficoltà non solo venissero aiutate a sopravvivere, ma a potessero vivere una vita dignitosa riacquistando la voglia di rialzarsi, come avviene in una famiglia con l’ascolto e l’affetto».

Ci sono voluti 10 anni per arrivare a questo obbiettivo ma, sicuramente, il risultato ottenuto vale tutto il tempo impiegato per discutere, approfondire, fare scelte.

Oggi

Ora la casa, che ospita 30 persone, è composta da 9 camere da letto, 2 appartamenti, una cappella, una sala da pranzo comune, una cucina, una sala per disabili e un atelier per il confezionamento di prodotti tipici.

«A casa Betania – sostiene Pellizzari– ora vivono ex barboni, ex prostitute, persone malate e in difficoltà che non hanno nessuno che li possa accudire, insomma quelli etichettati come “ultimi dalla società” che qui invece hanno trovato non carità fine a se stessa, ma affetto, comprensione e gli stimoli per poter camminare da soli in futuro riprendendosi la propria vita. La permanenza a Casa Betania non ha una scadenza, ma appena qualcuno ha la forza e la capacità di risollevarsi lascia subito il posto a chi ne ha più bisogno».

Insieme a Pellizzari, lavora un consiglio formato da 20 persone, giovani, adulti e nonni, aiutati da alcuni dipendenti, molti volontari, e ragazzi del servizio civile, ma la peculiarità e la straordinarietà dell’organizzazione di questa casa è che a prendersi cura degli ospiti sono delle famiglie che per 3 mesi lasciano la loro abitazione e si trasferiscono in un appartamento di Casa Betania, mantenendo la loro vita normale (lavoro, scuola figli ecc.), ma vivendo tutto il loro tempo all’interno della struttura a completa disposizione degli altri ospiti.

«Questo – riprende Pellizzaari – è uno dei punti di eccellenza di questa organizzazione dimostrando che l’amore di una famiglia che “si allarga“ si moltiplica e dà un calore che non ha eguali. Per questo speriamo che tante altre famiglie aderiscano a questo progetto di accoglienza rendendosi disponibili a donare il loro tempo».

Contribuiscono, anche economicamente, ad aiutare Casa Betania tanti sostenitori sia albinetani che non, manifestando una solidarietà dal valore inestimabile. La terza enciclica di Papa Francesco annunciata nel 2020 dal titolo “Fratelli tutti” parla di fraternità e amicizia sociale: ecco questo è quello che Casa Betania fa tutti i giorni.

Caterina Chiossi

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