Bufera procura, il giudice reggiano Varotti tra i firmatari dell’appello al presidente Mattarella
Sono 84 i magistrati italiani che tornano a chiedere al capo dello Stato una riforma del Csm: «Servono sorteggi e rotazioni». Oggi il caso Mescolini approda al Plenum
REGGIO EMILIA. C’è anche il giudice reggiano Luciano Varotti fra i primi 67 firmatari che sul caso Palamara hanno scritto una lettera aperta al capo dello Stato, Sergio Mattarella, chiedendo una Commissione parlamentare di inchiesta per fare «definitiva chiarezza» sullo scandalo che ha travolto la magistratura italiana. Varotti, che vive in città, da quattro anni lavora in Corte d’appello a Bologna. Per diverso tempo è stato giudice fallimentare nel nostro tribunale ed è sposato con Maria Rita Pantani, una delle quattro pm firmatarie dell’esposto al Csm da cui è scattato il procedimento per incompatibilità ambientale nei confronti del procuratore capo di Reggio, Marco Mescolini, dando il via all’istruttoria confluita nella delibera della Prima Commissione a firma del pm, Antonino Di Matteo: una delibera trasmessa per competenza alla Terza Commissione (ovvero la commissione che si occupa di trasferimenti dei magistrati), e che oggi andrà al vaglio del Plenum del Csm, dove si deciderà la permanenza o meno di Mescolini a Reggio e più in generale nel distretto di Bologna.
Già in passato Varotti si era espresso duramente sul caso Palamara, attraverso un intervento sul sito toghe.blogspot.com, in cui ha sostenuto che «la credibilità dell’istituzione magistratura» fosse compromessa. E ora – dopo aver aderito a gennaio a una precedente petizione, insieme a oltre cento magistrati (fra cui la stessa Pantani), per chiedere a Palamara la trascrizione integrale di tutte le chat – c’è anche la sua firma nella lettera indirizzata a Mattarella, nella quale si torna a parlare della bufera che ha travolto le procure. A un giorno di distanza dalla sua diffusione, la lettera ha raggiunto 84 adesioni di giudici e pm di tutta Italia. Tra questi, diversi esponenti dei “Centouno”, gruppo presente nell’Associazione nazionale magistrati (Anm) e nato in contrapposizione alle correnti tradizionali, in cui lo stesso Varotti è stato candidato per la corsa del 20 ottobre scorso al Comitato direttivo centrale.
La lettera, inoltre, è stata diffusa pressoché in concomitanza con le nuove accuse rivolte a Palamara nell’udienza preliminare in corso a Perugia, dove la procura ha modificato il capo d’imputazione a suo carico contestandogli i reati di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio e corruzione in atti giudiziari.
Nell’appello lanciato a Mattarella c’è l’invito al capo dello Stato, che è anche presidente del Csm, affinché «torni a intervenire con la sua autorevolezza» sullo «scandalo» che ha travolto la magistratura e che «continua a imperversare». Le iniziative legislative di riforma del Csm auspicate da Mattarella quando scoppiò nel 2019 il caso Palamara, «annunciate come imminenti, sono ben lungi dal tradursi in realtà», sottolineano i firmatari, che chiedono «sia finalmente intrapreso il cammino per l’eliminazione dei fattori distorsivi dell’imparzialità e buon andamento della funzione di autogoverno, ripristinando la legalità delle sue dinamiche». Chiedono inoltre che siano rimosse le cause che hanno condotto «alla grave delegittimazione di articolazioni essenziali dell’Ordinamento Giudiziario e del Sistema di autogoverno della Magistratura». Non solo: a Mattarella la richiesta di intervenire perché «sia assicurato l’allontanamento da tali ruoli di coloro che non sono risultati all’altezza del compito». Per i firmatari, una riforma della magistratura deve fondarsi su due elementi: «L’inserimento del sorteggio nella procedura di selezione dei componenti del Csm e la rotazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi». Oltre Varotti, tra i firmatari il gip di Milano Guido Salvini, il gip di Palermo Giuliano Castiglia, Clementina Forleo del Tribunale di Roma, Gabriella Nuzzi di Napoli. —
E.Spa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA