Assolti don Ercole Artoni e Aldo Ruffini nel processo per le minacce alla Beretti
Il sacerdote ai legali: «Grazie, sono sollevato». L’imprenditore originario di Vetto presente ieri in aula ad Ancona
REGGIO EMILIA.«Non avevo nessuna intenzione di farmi portatore di una minaccia così. Era un pensiero ben lontano da me. E quando sono andato dalla Beretti l’ho fatto per mia volontà, senza sollecitazioni». Don Ercole Artoni lo aveva già detto tempo addietro, quando era cominciato l’iter della sua difesa dalla pesante accusa di aver minacciato la presidente del tribunale di Reggio Emilia, Cristina Beretti, insieme all’imprenditore reggiano Aldo Ruffini, evasore colpito da un maxi sequestro e in stretti rapporti col prete che intercedette per lui.
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Accusa franata ieri, in tribunale ad Ancona – competente per i reati ai danni dei magistrati reggiani – dove don Artoni e Ruffini sono stati assolti entrambi perché il fatto non costituisce reato. La procura aveva chiesto una condanna a 10 mesi per ciascuno. Il primo grado di giudizio ha quindi dato ragione ai due imputati, arrestati nel settembre del 2018. Arresti che deflagrarono a Reggio, sia per l’accusa sia per quella che fu definita “la strana coppia”, formata dall’imprenditore già noto per vicende fiscali e il prete comunista, uomo di fede da sempre vicino agli emarginati.
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«Sono sollevato» ha detto ieri il prete reggiano di 90 anni quando i suoi legali, Alessandro Nizzoli e Francesca Corsi, lo hanno chiamato per annunciargli l’assoluzione.Stesso stato d’animo per l’imprenditore 75enne già accusato di maxi evasioni fiscali, difeso dai legali Nino Ruffini di Reggio e Dario Bolognesi di Ferrara, e presente ieri in udienza ad Ancona. Una soddisfazione, quella di Aldo Ruffini, che si percepisce quasi incontenibile. Il suo avvocato, raggiunto al telefono durante il ritorno da Ancona, dice che l’imprenditore non rilascerà dichiarazioni. Ma la voce di Ruffini si accavalla a quella del legale, nella speranza di veicolare l’importanza dell’assoluzione di ieri.
Ruffini e don Artoni erano stati accusati tra il gennaio 2017 e il giugno 2018 di aver stretto come in una morsa la presidente del tribunale reggiano, messa poi sotto scorta per questa vicenda sentite le intercettazioni, divenute oggetto di un braccio di ferro legale. Il prete, poi imputato, aveva ammesso di aver fatto visita alla giudice, la prima volta tramite don Fortunato e la seconda volta per Natale, allo scopo di portarla in visita alla comunità. L’intento di quei messaggi, ha sostenuto il prete, era limpido e senza secondi fini; la volontà era quella di aiutare Ruffini. Quest’ultimo, aveva detto al giudice di essersi trovato sotto casa della giudice «perché frequento il negozio di ottica di fronte».
Ruffini aveva affermato poi a processo che nel 2015 la giudice lo aveva assolto in un processo per reati fiscali: «Non ho quindi motivi di rancore nei suoi confronti», era stata la sua risposta in udienza. Ora si attendono le motivazioni, che saranno depositate dalla corte entro sessanta giorni.