Gazzetta di Reggio

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Sceneggiate da Covid, dalla mascherina alla maschera

Stefano Scansani
Sceneggiate da Covid, dalla mascherina alla maschera

L'editoriale della domenica del direttore della Gazzetta di Reggio, Stefano Scansani

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REGGIO EMILIA. Con il Covid in giro e i divieti rossi, arancioni e gialli come si potrà fare il cenone della vigilia? Chi potrà partecipare al pranzo di Natale? E come potranno essere aperti i pacchi dei regali: in solitudine o con quante persone intorno? Parenti? Congiunti? Amici? L’Italia non è mai stata così sofistica e frivola.

O meglio, lo era da tempo, ma i nodi ora giungono al pettine mettendoci alla prova della difficile, difficilissima presa di coscienza: la pandemia uccide, il ritorno all’essenziale no. Altroché Natale commerciale in anticipo. Questo sarebbe invece il tempo laico per sperimentare/patire quel Natale che i vecchi preti predicavano frugale, basico e – se volete – mistico.

Allora i sacerdoti dal pulpito dicevano che per solennizzare davvero la festa bisognava intuirne il senso della “ri-nascita”. Il nemico in quel tempo era il “consumismo”. Quel termine ideologico che mai è morto, ma imperterrito ancora innerva se non condiziona le nostre vite.

Una rispolverata, dal vocabolario Treccani: Consumismo. Fenomeno economico-sociale tipico delle società industrializzate, consistente nell’acquisto indiscriminato di beni di consumo, suscitato ed esasperato dall’azione delle moderne tecniche pubblicitarie, le quali fanno apparire come reali bisogni fittizî, allo scopo di allargare continuamente la produzione.

Le domande su come sarà il Natale gastronomico, mercantile, pacco-dono e luminario al tempo del Covid, trova nei mezzi di comunicazione gli strumenti più popolareschi e imbarazzanti. Frequentemente sono taluni colleghi giornalisti ad aprire o chiudere con la domanda apprensiva le loro interviste a virologi, epidemiologi, infettivologi e immunologi.

Ciò che sconcerta è che vari di questi ultimi sembrerebbero tentati a fornire pareri su tavolate, posti a tavola, delivery e Black Friday, come nulla fosse. È qui dove la scienza si schianta e il buonsenso decade.
Tutti partecipiamo alla resistenza delle nostre abitudini e consuetudini. Lo abbiamo fatto ancor prima che la pandemia prendesse la piega tragica, quella della prima ondata, quando non era neanche primavera. Ricordate? Ci confortavamo con un illusorio “Ne usciremo migliori” o un giocondo “Andrà tutto bene”.

Quel che conta è invece una partecipazione razionale al combattimento, una disponibilità a sottrarre dalle nostre vite il superfluo e l’eccesso (dal trascorso e scampato dolcetto-scherzetto di Halloween alla pretesa corsetta-birretta). Cioè quello che ho evocato come un ritorno all’essenziale.

Cosa che il sindaco di Reggio Luca Vecchi dal suo punto di vista ha così condensato nell’intervista odierna: «C’è davvero bisogno di tornare a riallacciare rapporti “solidarietà di vicinato” per uscirne meglio. Veniamo da decenni di individualismo e di egoismo distruttivi».

Ma quell’egoismo distruttivo che genericamente tutti ci pervade elettrifica anche fasce, settori, comparti sociali, economici e innanzi tutto politici. L’ego di molti presidenti di Regione nel quadro della coscienza ed emergenza nazionale è infatti pervasivo, contraddittorio da un giorno all’altro, demolente. Vien da scrivere che l’attacco pandemico compromette anche la tenuta del Paese, dei suoi “pezzi” di autonomie e decentramenti, scatena le personalità e i personalismi regionali che in Italia hanno una storia anche teatrale.

Non per nulla al di là delle sollecitazioni governative e degli interventi “suasivi” del Capo dello Stato, qui è necessario attendere il venerdì sera, quando Maurizio Crozza li imita, li scuoia e se li mangia.

Alla fine, quindi, l’ansia per il cenone della vigilia e del pacco-dono natalizio patita dal cittadino, si coniuga con precisione alle sceneggiate dei signori governatori (questo è un abuso di titolo), e si esorcizza grazie a un comico. Incredibile. Così, passare dalla mascherina alla maschera è un attimo. —