Estorsione, in due alla sbarra Il teste: «Talarico era armato»
Sentiti in aula due testimoni su altrettanti episodi rievocati nel capo d’imputazione. La difesa: «Accuse infondate solo prestiti nel mondo slot»
SAN MARTINO IN RIO. La vicenda processuale per estorsione – che vede alla sbarra i crotonesi Gennaro Talarico (50 anni) e Natale Maio (72 anni) – ha affrontato ieri mattina in aula, tramite le testimonianze, due episodi che rientrano nel capo d’imputazione.
Relativamente al 7 febbraio 2013, l’allora barista conferma di aver visto la vittima d’estorsione (è il dipendente di una ditta di macchinette, non costituitosi parte civile) chiamato fuori dal locale: «Talarico era arrivato su una bella macchina con un altro calabrese e l’aveva chiamato fuori, per poi percuoterlo e spingerlo contro un albero. Non ho capito di cosa discutessero». Per l’accusa con questi sistemi violenti la vittima sarebbe stata costretta a versare 12mila euro. Un collega ha poi raccontato che nel maggio 2012, a Carpi, la vittima era stata minacciata in un bar: «Da un omone, un certo Pietro, che si era giocato tutto alle slot e il mio collega era rimasto scosso». Talmente spaventato che ne avrebbe poi parlato a Talarico: «Gennaro gli disse, forse inventandosi tutto, che quel Pietro stava ingaggiando delle persone per fargliela pagare. Da qui l’offerta di dargli una mano, ma quella protezione aveva un prezzo, cioè 10mila euro. Il mio collega non li aveva, ho visto che quel giorno gli diede 500 euro. So che poi venne cercato a casa e gli aveva dato altri soldi con un assegno». Una scena che non lasciò indifferente il collega: «Andai subito da Talarico – prosegue il teste – a chiedere chiarimenti e lui, spostando la giacca, mostrò che infilata nella cintura aveva una piccola pistola automatica. Poi l’impugnò». Il difensore Carmine Migale gli chiede se è al corrente che Talarico fosse debitore del manutentore delle macchinette. La risposta: ««La gente si gioca tutto, a volte gli dai i soldi per il latte...».
Si tornerà in aula in ottobre, comunque l’avvocato Migale replica con i cronisti: «In realtà non si sarebbe consumata alcuna estorsione, dalle testimonianze emergerebbe una questione di prestiti di denaro tra le parti legata al mondo delle slot. Gli imputati si professano innocenti, sono fiducioso che nel processo venga fatta piena luce». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA