Gazzetta di Reggio

Reggio

La città che cambia. Dopo l’architetto Bedogni ci scrive Corrado Biggi All’intellighenzia reggiana poco importa se il passato viene rimosso 

Dopo la bunkerizzazione questa Reggio s’aspetti un presente d’importazione (a spigoli)

CORRADO BIGGI
Dopo la bunkerizzazione questa Reggio s’aspetti un presente d’importazione (a spigoli)

la letteraQuale città? Quali riqualificazioni? Quali restauri? Questa lettera dell’architetto Corrado Biggi fa seguito a quella del suo collega Paolo Bedogni che il nostro giornale ha pubblicato nell’...

01 ottobre 2018
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la lettera

Quale città? Quali riqualificazioni? Quali restauri? Questa lettera dell’architetto Corrado Biggi fa seguito a quella del suo collega Paolo Bedogni che il nostro giornale ha pubblicato nell’edizione di giovedì.

CORRADO BIGGI

È una fortuna che almeno la Gazzetta continua a sollevare il problema della qualità urbana qui a Reggio, visto il silenzio dei miei colleghi (architetti, pianificatori, urbanisti, ingegneri ecc.). Un silenzio singolare: non posso pensare siano tutti collusi/omertosi e/o pavidi, né che siano tutti innamorati e in adorazione delle “nuove” Piazze (Piazza dei Teatri, Santo Stefano, Gioberti, Roversi).

DON ABBONDIO

Forse sono nobili e non si vogliono sporcare le mani o come Don Abbondio si piegano al potere del silenzio con la falsa coscienza di chi crede di salvare così capra e cavoli? Come si può restare indifferenti alla mortificazione architettonica e urbana del centro storico narrata come riqualificazione? Le elezioni non sono lontane, ma anche i 5 Stelle cosa fanno: dormono? Alcuni mesi addietro avevo inviato alla Gazzetta un breve scritto con un’analoga immagine onirica per sollecitare qualche risposta: ci provo ancora precisandoli meglio... non si sa mai che qualcuno si svegli.

cubature raddoppiate

Ieri i sindaci a caccia d’immagine e carriera non esitavano a demolire interi isolati o edifici di pregio (San Rocco e “Diana”), raddoppiando poi le cubature, mentre oggi i nuovi “rottamatori” si limitano a cancellare, nella stessa piazza, la fontana storica del teatro e il filare alberato a ovest (con i tipici lampioni e aiuole), per creare una “nuova” fontana spettacolare, policroma... e già vista in tante altre città.

Ieri come oggi emulazione, presunzione e visibilità sostengono il protagonismo dell’intellighenzia reggiana a cui poco importa se qui resta solo uno slargo sconfinato con una giostra omologata nel mezzo, poco importa se si rimuovono le tracce del nostro passato e si dimezza il verde per la bulimia di un presente d’importazione, tanto asettico che a breve sarà necessario bandire un ulteriore concorso per l’arredo urbano di questa “nuova” e desolata Piazza d’Armi.

LEGAME COL VERDE

Il rifiuto a riallacciare un legame col verde e col passato, anche per farli riscoprire alla gente, ha comportato l’imposizione di progetti astratti e algidi, sullo sfondo di un centro storico sempre più glabro e pietrificato: dopo la bunkerizzazione a Porta Santo Stefano, anche nell’attigua piazza Gioberti non si perderà l’occasione per azzerare il verde dell’aiuola, anziché valorizzarlo coniugandolo alle vicine alberature del viale. Analogamente in piazza Roversi, lo stesso pregiudizio purista riproporrà oltre alla cancellazione dell’attuale verde, anche l’estraneità spigolosa e leziosa del nuovo rispetto all’esistente, rispetto alle forme sinuose e continue dell’antico corso d’acqua. —

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