Gazzetta di Reggio

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Vissuto per 62 anni nell’anonimato, «un caso incredibile»

di Chiara Cabassa
Vissuto per 62 anni nell’anonimato, «un caso incredibile»

Così Alberto Bevilacqua, dirigente dell’Anagrafe comunale «Quell’uomo deve avere omesso qualcosa nel suo racconto»

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REGGIO EMILIA. Non esistere per 62 anni. Sfuggire all’occhio del Grande Fratello ma anche ai controlli delle forze dell’ordine così come all’obbligo scolastico e al servizio militare. Una vita vissuta nell’anonimato assoluto. Non una bolletta da pagare, figuriamoci una multa. Nessuno squillo molesto partito da un qualunque call-center a caccia di nuovi clienti, in assenza di uno straccio di telefono. Non una lettera ricevuta dell’Agenzia delle Entrate piuttosto che dalla più scalcinata delle banche. Pietro, il 62enne nato a Reggio Emilia ma sconosciuto fino a qualche mese fa all’Anagrafe, all’Adriano Meis de “Il fu Mattia Pascal” non ha proprio niente da invidiare. Anzi. Avrebbe qualcosa da insegnargli.

Una storia, quella di Pietro, definita “inverosimile” dal dirigente dell’Anagrafe comunale di Reggio, Alberto Bevilacqua. «Quando l’Anagrafe di Genova ci ha contattato - spiega Bevilacqua - ci siamo trovati di fronte ad un caso assolutamente inedito, e anche incredibile. Noi non avevano traccia di questa persona e solo quando ci siamo rivolti all’ospedale abbiamo avuto un riscontro: il certificato di nascita». «Può succedere ed è successo - prosegue il dirigente dell’Anagrafe - che una persona abbia avuto una residenza e poi si sia reso irreperibile... Penso al caso di un barbone. Ma qui siamo ben oltre. C’è anche da dire che la banca dati dell’Ina (Indice nazionale delle anagrafi) dove sono inseriti tutti i residenti in Italia, e dove è stato cercato inutilmente Pietro, esiste solo da sette anni».

Che Pietro abbia omesso qualcosa nel suo racconto? «In effetti viene da pensare - continua il dirigente dell’Anagrafe reggiana- che questa persona si sia dimenticata qualche particolare. Ci troviamo di fronte a un uomo che è sfuggito per 62 anni fondamentalmente da se stesso. Curioso che nella vita non abbia mai fatto nulla. Non è andato a scuola. Non ha lavorato. Non si è mai, fino a qualche mese fa, rivolto a un medico. La prima cosa che viene in mente è che questo Pietro sia stato iscritto in un Comune e poi cancellato perché non reperibile. Ma l’unica persona che può dirlo è lui, e a quanto pare non l’ha detto». Una “anomalia assoluta”, secondo Alberto Bevilacqua. Rafforzata dal fatto che «anche la madre di Pietro - continua il dirigente dell’Anagrafe - evidentemente non ha mai avuto una identità. Sessantadue anni fa infatti all’ospedale di Reggio, quando aveva partorito Pietro, disse di essere residente a Reggio Calabria. Ma non c’è mai stata alcuna conferma. E lì è avvenuto il cortocircuito. L’unico pezzo di carta ufficiale esistente è il certificato di nascita trovato in un cassetto al Santa Maria. Troppo poco».

Resta il fatto che tale Pietro, a 62 anni, è stato costretto a uscire dall’ombra “grazie” o “per colpa di” (chissà cosa ne pensa Pietro) di una malattia. Due mesi fa l’uomo, che non ha naturalmente un medico di base, decide di andare in ospedale perché non sta bene. Ma per poter essere sottoposto agli esami serve un documento che attesti la residenza. Pietro va negli uffici comunali di Genova, richiede la carta d’identità (inesistente) e da qui si scava nella sua storia. Pietro non è mai stato registrato, può solo dire che è nato a Reggio Emilia, ma anche lì è sconosciuto. Dall’Anagrafe di Genova a quella di Bologna per finire all’ospedale Santa Maria Nuova: qui, in un cassetto, spunta il certificato di nascita di Pietro. L’unico documento che attesta l’esistenza di un uomo in realtà mai esistito, per il resto del mondo, fino a quel momento.

«Quando gli abbiamo consegnato la carta d’identità - ha raccontato la responsabile dell’Anagrafe di Genova - gli brillavano gli occhi. Come se fosse rinato».

Una storia inverosimile, certo. Ma anche un giallo che vira al romanzesco.

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