Gazzetta di Reggio

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CASTELLARANO

Morte di Chiara Maffei, le testimonianze e le "anomalie"

di Mauro Grasselli
Morte di Chiara Maffei, le testimonianze e le "anomalie"

Pista sul Secchia "mangiata" dall'acqua, ma nessuno avvisò Baiso, nonostante una segnalazione al Comune di Castellarano. Testimoniano i ragazzi che erano in auto con la 19enne poi morta

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CASTELLARANO. Prima udienza del processo per la morte di Chiara Maffei, la 19enne di Castellarano che il 20 dicembre 2008, a Muraglione di Baiso, finì con l'auto nel fiume Secchia assieme a quattro amici, uno dei quali era al volante. Nel febbraio 2014 il gup Giovanni Ghini rinviò a giudizio per omicidio colposo chi guidava la macchina (il 29enne Marco Benassi, di Baiso) e fece scagionare con il "non luogo a procedere" i tre tecnici ritenuti dalla procura coinvolti in questa tragica vicenda: Enrico Ferrari (geometra del Comune di Baiso) e due ingegneri del Servizio tecnico dei bacini degli affluenti del Po, Ubaldo Rubbianesi (direttore dell'area "Assetto idrualico") e Gianfranco Larini (dirigente responsabile del servizio tecnico di bacino).

Oggi in tribunale a Reggio è stata sentita la testimonianza del maresciallo Orazio Merolla, comandante dei carabinieri di Baiso, e dei tre giovani che erano in auto assieme a Chiara Maffei e Marco Benassi. 

Il maresciallo Merolla ha dichiarato che lui stesso, giunto in auto sul posto, rischiò di precipitare nel Secchia, dal momento che quella pista lungo il Secchia, una "strada di cantiere" parallela alla strada vera e propria, era stata mangiata dall'acqua del fiume e, nel buio più completo, chiunque avrebbe rischiato di precipitare nell'alveo. Il comandante dei carabinieri ha segnalato poi una clamorosa "anomalia": nei giorni precedenti una persona avvisò il Comune di Castellarano che un tratto di quella pista - in teoria vietata a chiunque tranne che alla ditta che l'aveva costruita e la usava per trasportare ghiaia con i camion, ma percorsa da tanti come fosse una vera e propria strada - era sparita perché "mangiata" dal fiume. Ma a quanto pare nessuno informò il Comune di Baiso, per cui, provenendo da quel paese (come fece quella notte l'auto guidata da Marco Benassi, il pericolo non risultava segnalato.

I tre giovani in auto con la ragazza poi morta e con Marco Benassi hanno ricordato ciò che accadde quella sera: la festa di compleanno di Chiara e quell'ultimo giro in macchina per finire la serata. Tutti hanno detto che l'auto viaggiava a velocità moderata su una "strada" comunque utilizzata da tantissime persone, in auto, moto, quad, bici e anche a piedi, soprattutto di giorno. Sentiti anche due periti, che hanno semplicemente confermato quando scritto nelle rispettive perizie tecniche.

Il processo riprenderà il 26 febbraio con le testimonianze di Pino Tradozzi e Luigi Ruggi. Il primo, podista, il 5 dicembre 2008 (ben 15 giorni prima dell'incidente) avvisò il secondo, assessore di Castellarano, che la strada era "sparita", erosa dal fiume.

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Al termine dell'udienza odierna, Giorgio Maffei, padre di Chiara, si è detto deluso perché, a sei anni dall'incidente, resta un solo imputato: "Quello che ha meno colpe di tutti. Resto convinto che i principali responsabili, o parte di essi, non siano ancora entrati in tribunale". 

Giorgio Maffei confida nel procuratore Grandinetti. "Nel febbraio scorso disse che avrebbe ripreso in mano il fascicolo per valutare gli atti d'indagine anche alla luce di quanto emerso in aula. E il 6 febbraio scorso in aula sono emerse cose molto pesanti".