Il “Ghibla” è morto, uccise due persone a Campegine
Era stato condannato a 21 anni di carcere per aver ucciso due persone, il 15 giugno 2012 a Campegine. La rabbia della mamma di una vittima: «Doveva soffrire di più, ha ammazzato senza un vero motivo»
CAMPEGINE (Reggio Emilia). E’ morto Alessandro Rizzi – detto “Ghibla” – l’uomo che il 15 giugno 2012 ha sconvolto Campegine freddando due persone (una terza si era salvata per miracolo) per poi essere bloccato dai carabinieri quando poteva ancora commettere una strage.
Fra omicidi, ferimenti e rivelazioni su armi clandestine, il 73enne è stato odiatissimo da quel terribile giorno. Non si è mai pentito, rimanendo ostaggio di quella paranoia fatta di assurde persecuzioni e derisioni che hanno armato la sua mano.
Non ha voluto nemmeno curarsi più di tanto, perché da circa un anno, cioè da quando era già da tempo in cella, gli era stato diagnosticato un tumore. Ad un certo punto era stato trasferito nel carcere di Parma, più attrezzato per seguire la malattia che l’attanagliava. A metà luglio le sue condizioni sono precipitate: prima il ricovero in ospedale a Parma, poi vista la situazione clinica ormai compromessa (era ormai in un costante stato di scarsa coscienza), l’avvocato difensore Emilio Stagnini ha chiesto e ottenuto dalla Corte d’assise d’appello (ora competente, in quanto il processo di secondo grado era già stato fissato per il prossimo autunno) che Rizzi venisse ospitato a Montericco – agli arresti domiciliari – dall’hospice Madonna dell’Uliveto. Un ultimo trasferimento, perché lì si è spento il 23 luglio.
Le tre sorelle che vivono nel Reggiano non l’hanno mai abbandonato, vivendo tutto in silenzio: niente funerale, nessun manifesto funebre, la salma subito cremata a Coviolo.
Dietro di sè “Ghibla” lascia tanta sofferenza.
Sono strazianti le parole di Anna Maria Donelli, la mamma di Fabio Artoni, il 44enne ucciso da Rizzi nel bar Snoopy: «Quell’uomo ha fatto una cosa assurda e questo dolore non ci lascerà mai – commenta fra le lacrime la madre che si è costituita parte civile nel processo tramite l’avvocato Federico De Belvis – del resto come si fa a perdonare chi ha ucciso senza un vero motivo. Ghibla ce l’aveva con il mondo, chi lo conosceva sapeva che era un tipo strano. Con coraggio mia nuora, con il nostro aiuto, sta allevando i due figli che Fabio ha lasciato così prematuramente». L’ultima frase è piena di rabbia: «Quell’assassino doveva soffrire di più, è morto troppo presto!». La morte del reo renderà ovviamente inutile il processo di secondo grado, comunque l’udienza si terrà ugualmente per decretare l’estinzione della vicenda da un punto di vista giudiziario.
LA STORIA. Era il 15 giugno del 2012 quando a Campegine scoppiò la follia omicida del 73enne Alessandro Rizzi, muratore in pensione detto “Ghibla”.
Era venerdì pomeriggio, verso le 15. Rizzi entrò come ogni giorno al bar Snoopy di via Amendola, nel cuore di Campegine. Ma stavolta era diverso.
Una volta all’interno del locale, con una scusa fece uscire i due baristi poi estrasse la pistola e uccise Fabio Artoni, 44 anni, distributore di bevande di Castelnovo Sotto, e ferì un altro cliente, il 51enne Pasquale Verde.
Ma l’orrore non era finito perché fuori, sulla sua auto parcheggiata, c’era il cadavere della badante russa di 43 anni, Alena Tyutyunnikova.
Alessandro Rizzi l’aveva uccisa qualche ora prima, crivellandola di colpi mentre era seduta sul lato passeggero della sua auto.
Il “Ghibla”, dopo aver seminato morte e panico in paese, si asserragliò all’interno della stessa vettura – nel sedile accanto a quello su cui si trovava la 43enne che aveva ucciso – puntandosi la pistola alla tempia. Alessandro Rizzi venne convinto a cedere e a uscire dall’auto, venne disarmato e arrestato dai carabinieri i quali, nel frattempo, avevano circondato l’area per evitare ulteriori drammi. Il tutto sotto lo sguardo sconvolto dell’intero paese, che non riusciva a capire il perché di tanta violenza.
IL PROCESSO. Era il 2 dicembre 2013, un anno e mezzo dopo il duplice delitto avvenuto il 15 giugno 2012 a Campegine, quando Alessandro Rizzi – conosciuto da tutti come il “Ghibla” – è stato condannato a 21 anni di reclusione.
Per i periti il 73enne era semi-infermo di mente quando puntò per due volte la pistola, facendo fuoco prima contro la badante russa 43enne Alena Tyutyunnikova (uccisa in auto) e poi verso il 44enne Fabio Artoni (freddato nel bar Snoopy). E la perizia psichiatrica ha avuto un peso decisivo nella sentenza emessa dal gup Antonella Pini Bentivoglio.
Nel computo della pena, infatti, il vizio parziale di mente fece cadere le due aggravanti (premeditazione e futili motivi), che avrebbero fatto schizzare la condanna verso l’ergastolo (come richiesto dal pm Maria Rita Pantani). Inoltre venne applicata la riduzione di un terzo della pena, come previsto dal rito abbreviato applicato al processo.
Il giudice, in primo grado, aveva determinato anche un complessivo primo risarcimento-danni di quasi un milione e mezzo di euro ai nove eredi delle vittime e al ferito (il 50enne Pasquale Verde) di quel folle pomeriggio di sangue.
Dopo aver studiato le motivazioni della sentenza, il pm Maria Rita Pantani l’aveva impugnata.
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