Bartolino e Ghidoni «Io li conoscevo, due grandi persone»
La centralinista dell’ospedale lavorava accanto al primario e faceva volontariato con l’uomo che domenica l’ha ucciso
CORREGGIO. «Sparatorie, omicidi, suicidi. Una volta ne sentivamo parlare solo nei film o in tv, era tutta una finzione. Ora queste cose sono entrate nella vita reale e non sai come più affrontarle, cosa pensare». Si lascia andare ad uno sfogo la moglie di Franco Beltrami, vicina di casa della famiglia di Amos Bartolino che comprende e giustifica tutto il dolore dei famigliari che in questi giorni – comprensibilmente – non vogliono parlare con nessuno se non con amici di famiglia e parenti. Accetta di rilasciare dichiarazioni ai giornalisti solo per ricordare Amos e «la bella persona che era. Non siamo solo vicini di casa perché mio marito, elettricista, si affidò alle sue cure per un problema agli occhi. Lo conosciamo dunque sotto un duplice aspetto, come vicino impeccabile e come dottore professionale e cordiale. E in questi giorni, da quando è successa la tragedia, mio marito è andato già a trovare la moglie e i figli di Amos un paio di volte». Questo per dimostrare la grande solidarietà che si sta creando attorno alla famiglia Bartolino. «I Bartolino sono una famiglia splendida, sempre disponibili, gentili, cordiali. Ovviamente la notizia ha sconvolto tutti noi, tutta la comunità di San Martino e Correggio. Chi si poteva aspettarsi una cosa del genere?».
Una domanda che si è fatta anche Pasqualina Carfora, centralinista all'ospedale San Sebastiano di Correggio, dove Bartolino, al primo piano della nuova ala dell'ospedale, era primario di Oculistica. «Quando ho letto sul giornale cos'era successo al dottore non potevo crederci, una cosa orribile per entrambi perché ha coinvolto due famiglie. Mi chiedo, ma cosa è successo a Carlo?».
Pasqualina si permette di usare un tono più informale perché Carlo Ghidoni, l'assassino di Bartolino poi suicida, lei lo ha conosciuto personalmente. «Non eravamo nella stessa compagnia di amicizie, però Carlo l'ho conosciuto bene. Entrambi abbiamo lavorato come staff nel corso di feste della birra, sia a Carpi sia a Correggio. Io ero lì per aiutare alcuni amici e Carlo sistemava gli impianti elettrici. Non era una persona scontrosa, anzi, aveva molta voglia di fare, quando finiva di lavorare ci dava una mano. Per come l'ho conosciuto io era proprio una bella persona, un uomo d'oro, e su questo non posso mentire. Poi, l'altro giorno, quando ho visto la sua foto sul giornale di fianco al dottore, mi sono chiesta, ma come? Carlo ma cos’hai fatto?».
Pasqualina ricorda poi con affetto il primario. «Bartolino era un signore e quando uno nasce così, lo resta. Lui era primario ma non lo faceva pesare a nessuno e quando passava, davanti al centralino, salutava sempre, aveva una parola per tutti. Di lui ricordo la cortesia e la disponibilità, il fatto che non ti trattava come una persona diversa, e questa non è una cosa banale».
Silvia Parmeggiani