Ecco il nuovo Palazzo dei Musei progettato da Italo Rota
La sede ristrutturata di Palazzo San Francesco riapre con un evento: dalla mezzanotte di sabato 3 maggio alla mezzanotte di domenica 4 maggio
REGGIO EMILIA
Il nuovo Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, progettato dall'architetto Italo Rota (nella foto in alto davanti a una delle opere esposte), ha preso forme e contenuti e si presenta ora alla città, con un Opening, evento inaugurale e di apertura al pubblico dei nuovi spazi espositivi in programma – nell'ambito delle giornate inaugurali di Fotografia Europea 2014 – dalla mezzanotte di sabato 3 maggio alla mezzanotte di domenica 4 maggio.
Il progetto ha consentito la creazione di nuovi spazi o l'adeguamento funzionale e la rilettura di spazi esistenti del Palazzo San Francesco, ora Palazzo dei Musei - sede storica dei Musei Civici di Reggio Emilia, il cui nucleo originale è la pregevole Collezione di storia naturale di Lazzaro Spallanzani qui collocata nel 1830 - migliorandone l'accessibilità, la fruibilità, la sicurezza, i servizi, l'offerta educativa e culturale, la dotazione tecnologica; valorizzando le pregevoli collezioni storico-scientifiche e artistiche ed accrescendo la qualità e il numero delle sezioni espositive. Il completamento dell'intervento, e dunque la riconsegna alla città, riguardante l'ultimo piano dell'edificio, inutilizzabile da diversi anni, costituisce la principale novità – nella qualità architettonica, negli allestimenti espositivi e nella filosofia che interpreta la stessa Idea di museo, oltre che quelle di memoria, conservazione e partecipazione - introdotta dal progetto di Italo Rota.
E' il principale elemento di attrattività in grado di rilanciare, suscitare nuovo interesse e riavvicinare l'intero Palazzo dei Musei, aprendolo a un pubblico che si vuole sempre più ampio e molteplice: un museo civico legato al territorio e in grado di proporre contenuti culturali, creativi e di “nuova memoria” condivisa a un pubblico nazionale e internazionale. Palazzo dei Musei propone ora una nuova idea, un nuovo progetto di museo, che si confronta e dialoga con la contemporaneità. Con questo progetto si intende promuovere un approccio critico alla conoscenza per stimolare curiosità, ispirare idee e produrre creatività; si vuole interpretare la tecnologia digitale come uno strumento che serve a diffondere e contaminare saperi e competenze; si propone di partecipare per moltiplicare i punti di vista, suscitare interessi nuovi. Un invito ad aprire lo sguardo alla complessità di mondi e culture diverse e lontane, sia nel tempo che nello spazio.
Sarà questo modo di visualizzare e fare intendere la complessità del contemporaneo che potrà generare nuova memoria e visione del futuro, identità e innovazione e dunque “se tutto ciò vi interessa dopo sarà diverso”, per dirla con Olafur Eliasson, perché il mondo cambia. L’esperienza di visita e interazione che il nuovo Museo offre ai suoi visitatori è dunque funzionale alla costruzione del nostro tempo contemporaneo. La chiave di lettura sono gli oggetti e attraverso essi le molteplici storie che si possono raccontare. Una narrazione di fatti e personaggi che si configura come esperienza personale, come viaggio individuale per un museo non più “determinato e determinante” ma aperto, che promuove la partecipazione e da accesso alle nuove tecnologie, supporta sperimentazioni e si rivolge anche a un pubblico di giovani e giovanissimi, favorisce la molteplicità delle esperienze di visita e propone una sintesi inedita fra conservazione, innovazione, cambiamento.
Si hanno in sostanza due ambiti museali distinti e in dialogo fra loro, legati da un unico filo conduttore. Le collezioni storiche del museo, in particolare la collezione naturalistica dello Spallanzani e quella archeologica del Chierici, con un contenuto storico definito, pregevole, sedimentato nei secoli, che è anche esempio dei modi di esporre, dove ogni pezzo è la storia di come sono stati esposti particolari temi della conoscenza. E un museo aperto, che pone questioni e lascia ai visitatori le risposte, un museo che racconta le storie di Reggio, racchiuse negli oggetti, conservati nei depositi dei Musei Civici, oppure nelle case della città e donati dalle persone che hanno partecipato o parteciperanno. Si vuole trasformare il patrimonio di Reggio Emilia in héritage, un'eredità di collezioni insolite, anche stravaganti e particolari, che pongono nella condizione di raccontare il mondo come è e come sarà.
Le collezioni e le raccolte storiche così come le nuove proposte espositive si coagulano intorno a quattro principali nuclei di aggregazione:
- la natura, i suoi protagonisti, le sue storie e realizzazioni come un modello evolutivo da imitare nei processi costruttivi del nuovo;
- la memoria della città, tra urgenze di conservazione del patrimonio e necessità di riattivarne il significato nelle coscienze dei cittadini;
- il confronto tra le culture come necessaria pratica di conoscenza in grado di fondare nuovi modelli di convivenza;
- la dimensione estetica come privilegiata capacità di intrecciare ispirazione e innovazione aperta alle nuove frontiere della cultura digitale.
Al piano primo è stato interamente rinnovato l’Atrio d'ingresso dotato di libreria, biglietteria e studiolo. Inoltre è stata aperta la nuova Galleria che si presta in modo particolare a ospitare mostre ispirate alle collezioni museali.
Pièce unique, in tutti e tre i livelli dell'edificio, è un'esposizione pensata per evidenziare i capolavori del patrimonio museale – la preziosa e rarissima Tazza d'oro risalente all'età del Bronzo (circa 3.700 anni fa), rinvenuta a Montecchio Emilia nel marzo 2012 durante lavori in una cava; l'originale della Venere di Chiozza, del periodo Neolitico, classificabile tra i più antichi idoli del Paleolitico; le opere contemporanee “La monta solare” scultura in ottone e ceramica del 1969-79 di Fausto Melotti e “Croce di luce” opera di particolare intensità spirituale di Claudio Parmiggiani - isolandoli dal contesto di appartenenza allo scopo di creare un momento di sosta e contemplazione. Si tratta di pezzi unici, capolavori che hanno anche una funzione attrattiva speciale.
Lo spazio Novecento e lo spazio Dossier, all’ultimo piano, organizzati su due livelli, presentano opere delle collezioni artistiche del Museo con l'obiettivo di approfondire di volta in volta periodi storici o vicende collezionistiche di particolare significato. Le prime esposizioni sono dedicate alla straordinaria avventura umana e artistica di Rosanna Chiessi, testimoniata dalla sua collezione acquistata dal museo alcuni anni fa e al dibattito culturale e artistico che coinvolge la città fra il 1959 e la metà degli anni Sessanta, tra il superamento delle poetiche dell’Informale e l’adesione alle istanze delle neoavanguardie.
Sempre all’ultimo piano spazi Laboratorio invitano il pubblico a una partecipazione attiva e critica rispetto ai contenuti della visita e sollecitano la sua creatività. In continuità con questi spazi, l'Agorà, un luogo di scambio e discussione, a rinnovare la dialettica tra il fare e l’essere, tra l’opera e la parola, tra la creatività e lo scambio, il confronto, la partecipazione.
Al terzo piano trova anche posto una sede del Fab Lab, il laboratorio e network dei nuovi artigiani digitali (makers) per richiamare intorno al museo il mondo dei creativi e delle imprese impegnate in nuove sperimentazioni tecnologiche per una economia della conoscenza sempre più fondata sullo stretto connubio tra sapere e produzione e fra cultura e lavoro.
E’ in particolare con l’idea della nuova Manica Lunga, spazio del museo temporaneo, che occupa tutta al grande navata dell’ultimo piano, che si vuole mettere in evidenza il messaggio legato alla contemporaneità a partire dal primo allestimento For inspiration only, curato da Italo Rota, che per un anno accompagnerà il pubblico fino al prossimo importante appuntamento rappresentato dall'esposizione universale di Expo Milano 2015.
Nella Manica Lunga ha trovato nuova collocazione e più adeguate condizioni di visibilità anche lo storico capodoglio, oggetto particolarmente caro alla memoria della città e simbolo per eccellenza del Museo.
L’installazione For Inspiration Only nei nuovi spazi della Manica Lunga al terzo piano curata dall’architetto Italo Rota, offre alla città più di 300 oggetti inediti appartenenti al patrimonio esistente nei depositi e ne propone una specifica rilettura non solo in termini espositivi ma soprattutto in termini di narrazione e partecipazione.
Al centro dell’installazione non sono solo gli oggetti ma anche le storie che essi raccontano. A partire da queste storie, l’installazione, mentre rinnova la storia della città offrendo punti di vista alternativi ai rigidi ordinamenti di carattere cronologico, geografico o tipologico, individua e traccia nuove traiettorie esplorative prendendo a riferimento il modo delle arti applicate.
Inserite in orizzonti disciplinari che spaziano dalle scienze naturali all’arte, dalla storia all’archeologia, dalla tecnica alla tecnologia lasciando che queste traiettorie orientano senza indirizzare, ci lasciano liberi di accostare, di comparare, di trovare analogie, simmetrie, legami, differenze, guidati solo da sottili rimandi e imprevedibili corrispondenze tra oggetti e soggetti, tra epoche e forme del pensiero e del fare dell’uomo.
L’installazione ha l’ambizione di rimettere in moto la storia della città e la produzione di nuova memoria collettiva.
Tutti i cittadini e tutti i visitatori potranno accostare e aggiungere alle storie narrate dagli oggetti che caratterizzano l’installazione e più in generale l’insieme delle strutture del sistema museale cittadino i propri vissuti e le proprie esperienze, accumulando narrazioni contemporanee sconosciute e originali a quelle più note documentate dalla storia già depositata e scritta.
Questo sarà possibile grazie alla costruzione di un semplice impianto narrativo che prevede lo sviluppo nell’arco di un anno di 365 storie, una al giorno , che verranno raccolte e pubblicate su www.musei.re.it.
Le prime 50 storie sono già scritte e contenute in For inspiration only, a partire da quelle sulle antiche Chiavi della città e sul Modellino cinquecentesco di Reggio Emilia, opera in legno e gesso dipinto di Prospero Sogari detto il Clemente, fino alla macchina per scrivere Olivetti Lettera 22 disegnata dal reggiano Marcello Nizzoli e a Steve Jobs, il genio di Apple, a Reggio Emilia.