«Gesti estremi in un contesto di grande disperazione»
REGGIO. «Non un gesto di odio. Ma la scelta, certamente non condivisibile, di un uomo sofferente, che deve aver ritenuto che quello fosse per la sua famiglia il male minore». Con queste parole Matteo...
REGGIO. «Non un gesto di odio. Ma la scelta, certamente non condivisibile, di un uomo sofferente, che deve aver ritenuto che quello fosse per la sua famiglia il male minore». Con queste parole Matteo Iori, della Comunità Papa Giovanni XXIII, commenta la tragedia di Scandiano. In giorni in cui tutti si stanno interrogando su cosa porti ad armare la mano di un padre – le opinioni sono divise tra chi esprime comprensione per un uomo malato e sopraffatto dalla disperazione e chi, invece, non riesce comunque a comprendere l’omicidio-suicidio – chiediamo a Iori, che di storie di sofferenza legate alla droga ne vede da anni ogni giorno, di aiutarci a capire.
«Le dinamiche genitori-figli di fronte al problema della tossicodipendenza sono molto variabili, così come lo sono le storie di droga – spiega Iori – Tutte, comunque, sono accomunate da una grande sofferenza, che coinvolge l’intero contesto familiare e non solo chi le droghe le usa. Diventano situazioni difficili da gestire».
«Episodi che possono sembrare assurdi come casi di forte aggressività, ad esempio figli che picchiano i genitori, genitori che picchiano i figli o li sbattono fuori di casa, si vedono purtroppo spesso. Soprattutto se non si vede uno spiraglio di uscita davanti a sé».
«Quindi – conclude – un padre malato che vede un figlio che non riesce a uscire da una situazione di questo genere, arriva forse a pensare che il male minore sia togliere quella sofferenza a chi resta. Certi comportamenti, a mio avviso, non sono da condannare. Ma bisogna capire che si sviluppano all’interno di una grande sofferenza, in grado di far perdere la lucidità. E la farebbe perdere alla maggior parte delle persone cosiddette normali». (el.pe)