Dodici anni in cella e mai un euro versato
Chiusi i conti con la giustizia, a vuoto il risarcimento-danni alla famiglia: l’omicida è nullatenente
REGGIO. Diciotti anni gonfi di dolore. Siamo nel pomeriggio del 14 marzo 1996, all'uscita di scuola dall'Ipsia Galvani: Luca Ferrari (allora 20enne, in licenza militare) vede salire l'ex fidanzata 16enne Jessica Filianti sulla macchina di un altro e perde la testa, roso dalla gelosia.
Nasce un inseguimento in auto, finché le due macchine si fermano in via Buozzi, una laterale di via Terrachini. Il 20enne si scaglia contro la ragazza ed infierisce su di lei: 43 coltellate (al capo, al collo, sul torace), con tanta ferocia che riuscirà persino a spezzare la lama. Compiuto lo scempio, Luca resta inginocchiato sull'asfalto. Jessica morirà poco dopo al Santa Maria Nuova: troppo gravi quelle ferite intinte nell'odio.
Ne seguirà un processo altrettanto terribile, che scuoterà gli animi, particolarmente seguito in aula a Reggio, nel primo grado di giudizio. In Assise a Reggio il giovane omicida sarà condannato nel ’97 all’ergastolo, poi a Bologna – in Corte d’assisse d’appello – grazie alla difesa dei legali Romano Corsi e Luigi Stortoni riuscirà nel ’98 a “strappare” 23 anni di reclusione. Una condanna che diventerà definitiva. Da allora Ferrari ha potuto beneficiare dell’indulto (tre anni di carcere sono stati così condonati), per una dozzina d’anni è stato recluso nel carcere di Parma, poi ha ottenuto la semilibertà con rientro in carcere la notte, infine l’affidamento in prova ai servizi sociali chiusosi nel 2013.
Ora è un uomo libero – vive nel Parmense, lavora, si sta rifacendo una vita – e con la Gazzetta ha espresso un unico tormentato concetto: «Ho pagato quello che dovevo pagare e non solo con la giustizia: voglio essere dimenticato».
Parallelamente, in questi anni, è stato affrontato anche un processo civile su questa orribile vicenda.
Il risarcimento ai familiari della povera Jessica è stato decretato in ambito civile nel 2007: quasi 500mila euro alla madre Giuliana Reggio e poco più di 200mila euro al fratello Fabiano Filianti (entrambi tutelati dai legali Galileo ed Alessandro Conti).
La decisione era stata presa dal giudice Angela Baraldi, sulla base delle valutazioni dello psicologo forense Lino Rossi che aveva evidenziato - nella sua perizia - come i familiari fossero rimasti traumatizzati da quell'assurda violenza. Una causa civile dall'iter tortuoso, che aveva dovuto tener conto del versante penale ma anche del trasferimento del giudice che aveva impostato il processo.
Una sentenza, però, che non è stata mai eseguita, cioè non sono stati “attaccati” nè beni immobili o mobili di Ferrari, in quanto l’assassino per gelosia sarebbe risultato nullatenente.
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