Sorveglianza speciale per Francesco Grande Aracri
Dopo il sequestro dei beni, la Corte applica la misura restrittiva chiesta dalla Dda per il costruttore condannato per mafia, “confinato” ora a Brescello
BRESCELLO (Reggio Emilia)
Per la Corte – presieduta da Francesco Caruso, giudici a latere Cristina Beretti e Andrea Rat – l’imprenditore edile 59enne d’origine cutrese Francesco Grande Aracri è socialmente pericoloso e gli va applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Nell’udienza del 18 dicembre la Corte si era “riservata” sul punto: in dieci giorni è arrivata la decisione, notificata ieri nel tardo pomeriggio dai carabinieri al costruttore che non potrà allontanarsi da Brescello. Oltre all’obbligo di dimora, il 59enne dovrà pagare una cauzione di duemila euro connessa al provvedimento preso dai giudici. In caso di violazione delle prescrizioni relative alla sorveglianza speciale (che è ancora, comunque, impugnabile in Corte d’appello) l’imprenditore edile rischierebbe la reclusione da 1 a 5 anni.
Grande Aracri, che è fratello del boss Nicolino (attualmente detenuto in carcere in regime di 41 bis), è reduce da una condanna definitiva a 3 anni e 6 mesi per associazione di stampo mafioso. A cui sono seguiti 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e 2 di libertà vigilata. E' proprio da quella sentenza del 2008 che sono partite le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Reggio che hanno portato – l’8 novembre scorso – al maxi sequestro del suo ingente patrimonio (sui 3 milioni di euro). La vicenda che ha fatto condannare il 59enne risale agli anni che vanno dal 2001 al 2003. Sono gli anni di "Edilpiovra", delle estorsioni, delle ritorsioni, delle false fatturazioni che in prima battuta fecero finire in galera il fratello Nicolino Grande Aracri. E che successivamente investirono Francesco, ritenuto il reggente all'epoca della cosca calabrese nel Reggiano. Sempre nell’udienza del 18 dicembre scorso si sono fronteggiati, sulla sorveglianza speciale, l’Antimafia e il collegio difensivo (i legali Alessandro Sivelli e Giuseppe Migale Ranieri) che assiste Grande Aracri. Il pm antimafia Marco Mescolini si era rifatto alla memoria già depositata alla Corte, confermando la richiesta della misura preventiva. Di diverso avviso la difesa che, con l'avvocato Sivelli, aveva rimarcato più volte come i giudici debbano valutare se Grande Aracri sia o meno attualmente pericoloso.
«La pericolosità non la si può fare su una presunzione, cioè l'inevitabile frequentazione di parenti che hanno commesso reati oppure che abita in un paese come Brescello dove c'è un nutrito insediamento di cutresi, per non parlare della sentenza di condanna per associazione mafiosa che risale addirittura a fatti di 11 anni fa. Dopo quella sentenza non vi è stato più nulla, tanto che a maggio non è stata rilevata alcuna pericolosità e il gip di Bologna per tre volte ha rigettato la richiesta di intercettazioni telefoniche, portando all'archiviazione della sua posizione per una presunta estorsione. Insomma - aveva concluso il difensore - non c'è nulla che possa provare l'attuale pericolosità del mio assistito». Una tesi difensiva che non ha fatto breccia nella Corte. Si tornerà in aula presumibilmente attorno ad aprile-maggio, visto che il perito nominato dai giudici ha 90 giorni di tempo (a partire dal 7 gennaio) per fare “una verifica indipendente sulla ricostruzione del patrimonio in rapporto ai redditi”. In gioco c’è la confisca o meno dei 3 milioni di beni di Grande Aracri.
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