Padana Tubi, condannato l’ex socio
Guastalla: un anno e mezzo per appropriazione indebita e 200mila euro all’azienda di famiglia, ma Alfieri è sparito
GUASTALLA. Spariti 900mila euro di tubi venduti a non si sa chi, ma sparito pure chi fece quel “colpo” nel 2005 a danno dell’azienda di famiglia, cioè il guastallese 57enne Roberto Alfieri, ieri condannato – in contumacia – per appropriazione indebita.
L’ex amministratore della Padana Tubi è stato ieri condannato – in tribunale a Reggio – a un anno e mezzo di reclusione (pena sospesa), ma soprattutto il giudice Cristina Beretti ha disposto che Alfieri paghi una provvisionale immediatamente esecutiva di 200mila euro all’azienda (di cui era socio) che l’ha licenziato e si è costituita parte civile nel processo. «Ora la Padana Tubi – dice a fine udienza l’avvocato di parte civile Romano Corsi – ha il titolo esecutivo per poter recuperare il danno causatogli da una persona che per di più ha tradito i suoi parenti. La sentenza ha accolto le tesi dell’accusa e della parte civile».
L’indagine della Finanza è stata coordinata dal pm Valentina Salvi, mentre sul piano difensivo Alfieri aveva nominato un legale di fiducia modenese che poi, all’improvviso, ha rinunciato al mandato. In aula l’imputato non si è mai visto e, svanito anche il difensore, è stata nominata d’ufficio l’avvocatessa Daniela Granato. «Cercherò di contattare Alfieri – si limita a dire il difensore d’ufficio – comunque fra 3 mesi verranno depositate le motivazioni della sentenza ed è probabile che a quel punto farò appello, anche perché su questa vicenda giudiziaria pende la prescrizione».
Al momento il giudice Beretti ha ritenuto prescritti i fatti antecedenti il febbraio 2005.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’allora amministratore faceva emettere dalla Padana Tubi delle fatture di vendita a determinate aziende, ma poi ne aveva controllato la destinazione di quei tubi, facendoli pervenire (due camionisti sono sotto processo per favoreggiamento in tribunale a Napoli) ad altre ditte campane che pagavano la merce a prezzo scontato con bonifici sui conti correnti di Alfieri o tramite assegni. Il 57enne si era difeso dicendo che aveva dovuto fare tutto ciò perché minacciato da criminali del Sud. Non è stato creduto.