Gazzetta di Reggio

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Partigiano, poliziotto ed eroe “dimenticato”

Partigiano, poliziotto ed eroe “dimenticato”

Scandiano: il 13 ottobre di 66 anni fa venne assassinato Ivo Dino Torelli Un anno dopo, l’uomo che lo uccise venne prosciolto grazie all’amnistia

12 ottobre 2011
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SCANDIANO

Ci sono gli eroi della Resistenza, morti per aver messo in gioco la propria vita in nome della libertà e della democrazia che vengono celebrati da 66 anni a questa parte ogni 25 Aprile. Ci sono i Caduti delle due guerre, ragazzi di vent’anni partiti con il fucile in spalla al seguito dell’esercito che la vita l’hanno persa in battaglia. E poi ci sono i martiri dei tempi di pace: carabinieri e poliziotti che ogni giorno affrontano delinquenza e malavita, a rischio della propria incolumità e in favore della nostra sicurezza.

Per tutti loro c’è, o c’è stato, un momento sul calendario per essere ricordati. Ivo Dino Torelli è stato soldato, partigiano e poi guardia ausiliaria della polizia. Ma il sacrificio della sua vita, mentre era in servizio, sembra far parte di quegli episodi dimenticati, di cui resta traccia nella memoria dei familiari più stretti, negli archivi dei caduti della polizia. E in poco altro. Eppure, la sua tomba, nel cimitero di Ca’ de’ Caroli, c’è ancora e racconta la sua storia. Domani sarà il 66esimo anniversario della sua morte.

L’assassinio. Era il 13 ottobre del 1945. E Reggio Democratica, il quotidiano dell’epoca, titolava: “Grave fatto di sangue al San Giuseppe. Un agente della questura in pericolo di vita”. Il pezzo di cronaca attaccava così: “Un grave fatto di sangue è accaduto verso le 23.15 di ieri, nell’albergo ristorante San Giuseppe sito in piazza Prampolini. Data l’ora tarda, non ci è stato possibile ricostruire il fatto nei minimi particolari. Sembra, però, che l’episodio abbia avuto un antefatto nel quale sarebbero coinvolti alcuni militari polacchi. A quanto abbiamo appreso un individuo alto e corpulento era in compagnia di polacchi, con i quali si era messo a sedere a un tavolino. Quando i due polacchi facevano per andarsene, lo sconosciuto li precedeva alla porta; nel contempo entrava un agente della questura che, fattosi conoscere, chiedeva ai tre i documenti. Mentre i polacchi si apprestavano a estrarli, lo sconosciuto che brandiva minacciosamente una pistola nella destra, roteandola pericolosamente, intimava il mani in alto. L’agente allora si qualificava nuovamente cercando di indurre alla ragione lo sconosciuto, alquanto alticcio. I presenti, temendo una disgrazia, si ritiravano in fondo al locale e a un tratto udivano un colpo di pistola, cui faceva eco un rauco grido”.

La vittima. L’agente della questura era la guardia ausiliaria Ivo Dino Torelli, nato a Scandiano il 24 giugno del 1923 e cresciuto a Ventoso: aveva soltanto 22 anni ed era in servizio da appena un mese. Il 12 ottobre del 1945 intervenne nel ristorante di piazza Prampolini perché poco prima era arrivata una chiamata alla questura (che all’epoca si trovava in corso Garibaldi 50) a proposito di una lite tra polacchi. Era da pochi mesi finita la seconda guerra mondiale, la situazione era ben lontana dalla normalità, l’ordine e la sicurezza anche a Reggio erano fortemente precari e Torelli fu inviato da solo ad affrontare quell’emergenza. Per quel colpo di pistola perse la vita.

Il processo. Quello che accadde quella tragica sera lo ricostruì il processo, che venne celebrato il 7 novembre di un anno dopo. Ermes Soliani, 36 anni partigiano, si era recato al ristorante alla ricerca di un amico. “Trovava seduti a un tavolo alcuni profughi polacchi e lituani, intenti a mangiare e bere, ai quali chiedeva notizie sulla loro nazionalità, esibendo i suoi documenti di partigiano, fra i quali si notava il tesserino di amico dell’Unità – racconta Reggio Democratica – Uno dei profughi, alla vista di quel documento che indicava le idee politiche del possessore, cominciava a inveire contro la Russia e il comunismo”. Fu Soliani stesso, fortemente risentito per l’accaduto, a chiedere l’intervento della polizia.

“Quando sopraggiunse l’agente Torelli – scrive ancora il quotidiano – alcun profughi si erano già allontanati dal locale. I rimasti si avviarono verso l’uscita. Il Soliani li precedette e per impedire che uscissero intimò loro di alzare le mani, impugnando la pistola di cui era armato. Il Torelli gli mosse incontro e gli afferrò la pistola o il polso, deviando la canna dell’arma verso il basso”. Quando dall’arma partì un colpo, questo andò a colpire Torelli a una mano e all’addome. Uccidendolo, poco dopo. Il processo a carico di Ermes Soliani si concluse con la richiesta della modifica dell’imputazione, da parte del pm, in omicidio colposo e dell’applicazione dell’amnistia. La Corte, in virtù di questo, lo prosciolse.

La resistenza. Pochi anni prima, come altri suoi coetanei, Torelli fu arruolato nella Regia Aeronautica Militare, e combattè durante la seconda guerra mondiale. Ma l’8 settembre 1943 rientrò a Scandiano dalla Sardegna e decise di combattere per la libertà del proprio Paese. Rifiutò il reclutamento obbligatorio nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana e si arruolò nelle formazioni partigiane combattenti, nella 26esima Brigata Garibaldi Enzo Bagnoli, IX Battaglione, Distaccamento “Dino Meglioli”.

E’ una storia, la vita di Ivo Dino Torelli, che merita di essere ricordata, anche a 66 anni dalla morte.

Elisa Pederzoli