Gazzetta di Reggio

L’anniversario

Graziosi, il professore di Savignano che scalò per primo l’immenso K2

Mattia Vernelli
Graziosi, il professore di Savignano che scalò per primo l’immenso K2

Settant’anni fa insieme alla spedizione italiana che fece la storia dell’alpinismo. La nipote Elisabetta Vespiniani: «Divenne antropologo affascinato dalla Venere»

31 luglio 2024
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Savignano Partirono in 18 per una delle più grandi spedizioni alpinistiche di sempre: salire fino alla vetta del K2, quota 8600 metri, il secondo picco più alto al mondo. Era una troupe tutta italiana, la prima nella storia a riuscire nell’impresa, e tra loro c’era anche un savignanese, non di nascita ma di sangue: si tratta di Paolo Graziosi, tra gli antropologi italiani più famosi del ‘900, docente all’Università di Firenze e figlio dell’illustre scultore savignanese Giuseppe Graziosi. Al 70esimo anniversario dall’impresa, Paolo Graziosi è ricordato a Savignano, paese nel quale passava i mesi estivi assieme al padre.

La nipote

«Fu lì, quando aveva solo 18 anni, che scattò la sua passione per l’archeologia. Era il 1925 – racconta Elisabetta Vespiniani, nipote di Graziosi – quando fu scoperta la Venere di Savignano, un reperto risalente al paleolitico dall’importanza storica immensa. Paolo, mio zio, ne rimase folgorato: decise quindi di intraprendere la carriera da antropologo, studiando prima a Pisa, e ottenendo poi la cattedra presso l’Università di Firenze. È stato il fondatore e presidente dell'Istituto italiano di Preistoria e Protostoria e direttore del Museo di Antropologia e Etnologia. Si è occupato di studi in Europa, Africa, Asia, Sudamerica…».

La spedizione

Nel 1954, all’età di 47 anni, Graziosi venne arruolato nella spedizione K2. Fino ad allora nessuno aveva mai messo piede sulla vetta. Fu un gruppo di italiani, capitanato da Erich Abram e diretto dal Club Alpino Italiano, a conseguire l’impresa. Tra loro vi erano esperti alpinisti e scienziati: oltre a Paolo Graziosi, si ricorda Walter Bonatti, Ugo Angelino, Ardito Desio. I 18 membri erano guidati da una decina di alpinisti hunza, popolazione delle valli pakistane, che aiutarono gli italiani nella missione. La mattina del 31 luglio 1954 iniziò la scalata. La notizia giunse in Italia a mezzogiorno del 3 agosto e fu accolta con grande entusiasmo e come simbolo della rinascita del Paese nel dopoguerra: da quel momento il K2 divenne per tutti “la montagna degli italiani”.

Sul Karakoram

La scalata aprì poi le porte per una successiva impresa di Graziosi e la troupe di scienziati l’anno dopo sul Karakoram, una catena montuosa situata a nord-ovest dell’Himalaya non lontano dal K2. In quelle valli al confine tra Pakistan e Afghanistan, gli scienziati italiani condussero ricerche su un popolo semisconosciuto: i Kalash, più noti col nome di Kafiri. Per via dell’isolamento di questo popolo pochissimi visitatori avevano messo piede da quelle parti. Sui Kafiri, poi, Graziosi fece importantissime mostre e saggi scientifici, pietre miliari dell’antropologia. Oltre alle esplorazioni in Asia, Graziosi è famoso per i suoi studi condotti in Libia tra il 1933 e il 1938, e la missione nel Corno d’Africa del 1935. Lo scienziato aveva inoltre l’abitudine di documentare minuziosamente i suoi ritrovamenti attraverso filmati e le foto che sono arrivati fino ai giorni nostri, materiale tutt’ora studiato dagli scienziati odierni.

«Era un profondo studioso – sottolinea la nipote – quando non era in giro per il mondo, lo ricordo chiuso nel suo studio per interi pomeriggi, a scrivere e studiare. Tutto nacque dalla scoperta della Venere paleolitica: ecco perché era tanto legato a Savignano».