Dolore e rabbia dei parenti di Anuar e Hicham. «Ha ucciso i nostri ragazzi»
Parlano i parenti del 19enne e del 21enne travolti dal carico perso dal camion pirata.
Reggio Emilia «Bastardo. Quell’uomo ha ammazzato mio fratello. Così, senza motivo». Nell’appartamento di via Manara 10, dove Anuar Mastaki abitava con i genitori Mohammed, Mina, il fratello maggiore Aisam e la sorella Nora, è un via vai di familiari e conoscenti disperati. Al quinto piano della palazzina nel quartiere della Rosta, non lontano dalla chiesa di Sant’Antonio, la famiglia Mastaki – ben integrata, il padre è in Italia da trent’anni e i figli sono tutti nati qui – è meta di un pellegrinaggio del dolore che non conosce requie.
Mentre mamma Mina non fa che piangere e gemere, il fratello Aisam racconta: «Venerdì Anuar era libero dal lavoro: c’era sciopero. Ha dormito, ha mangiato e verso le 16-16.30 è uscito. Non sappiamo dove fosse diretto: ha detto solo “vado a fare un giro”. E non è più tornato». Anuar è andato a Cadè a prendere gli amici Hicham e Ahmed. «Per anni abbiamo abitato a Cadè, eravamo vicini di casa della famiglia di Hicham. Finché, qualche anno fa, ci siamo trasferiti qui a Reggio».
A mezzanotte la madre, preoccupata del fatto che il 19enne non fosse rientrato e soprattutto che il suo cellulare squillasse a vuoto, ha chiamato la sorella, molto legata al fratellino più piccolo; anche Nora ha provato a contattare Anuar, senza ricevere risposta.
«A mezzanotte e mezza i carabinieri hanno bussato alla porta – prosegue Aisam – Ho pensato subito a un guaio, ma non ero preparato a quella frase. Appena uscito mi sono sentito dire: “Suo fratello è morto”. Me lo sono fatto ripetere. È normale che ci abbiano avvisato ore e ore dopo?».
«Un bravo ragazzo, tranquillo, che non ha mai dato pensieri ai genitori», aggiunge la zia Zinab, arrivata da Rimini dove vivono i familiari del padre, ora in pensione, mentre quelli della madre sono rimasti in patria.
In realtà Anuar aveva commesso qualche sbaglio di gioventù, quand’era ancora studente di un corso alberghiero a La Cremeria di Cavriago. E per un episodio in particolare, avvenuto l’anno scorso al bar Piccadilly, stava ancora pagando qualche conseguenza.
Ma il 19enne stava cercando di mettersi alle spalle quella disavventura giudiziaria: faceva volontariato, rigava dritto. Da un anno lavorava come operaio alla Kaercher Floor Care Srl di via Colletta, una ditta meccanica che produce spazzatrici industriali nel Villaggio Crostolo.
«Il suo sogno – prosegue il fratello – era di comprarsi un’auto sua: risparmiava per essere indipendente e non dover più usare la Citroen di nostro padre».
I familiari chiedono conferma che il conducente pirata si trovi in carcere. Di fronte alla rabbia del fratello e alla disperazione di Nora – che più tardi, a Coviolo, si è buttata per terra singhiozzando –, la zia utilizza parole più pacate. «Il lutto che ha colpito la nostra famiglia è terribile: non lo auguriamo a nessuno. Il destino ha voluto così. Speriamo che queste giovani vite spezzate servano da esempio: chi si mette al volante dev’essere in regola al cento per cento. L’accaduto non deve più ripetersi».
Anche i desideri di Hicham Outtas – 21 anni, ex promessa del pugilato per la Reggiana Boxe, residente in via Giordano Bruno 38 a pochi metri dal bar Cadè e dall’incrocio delal frazione – erano semplici.
«Da oltre un anno lavorava alla Kohler Lombardini, lo accompagnavo io al lavoro ogni giorno – dice il fratello Rachid, il maggiore di quattro figli, tre maschi e una femmina, Hicham era il secondo genito – Oggi (sabato, ndr) avremmo dovuto andare insieme a vedere un’auto: voleva comprarne una». Il 21enne era amico d’infanzia di Anuar: i due si conoscevano dalle elementari. «Non so dove andasse con gli amici. Non frequentavano un luogo particolare; di solito andavano ai Petali. Io quel giorno ero fuori. I miei genitori hanno detto che è uscito alle 17». La famiglia, residente a Cadè da quindici anni, è rispettata e descritta come umile e riservata.
Le due famiglie si sono incontrate nel pomeriggio di ieri al cimitero di Coviolo, insieme a numerosi coetanei. Presente anche l’imam della moschea di via Gioia. «I funerali li faremo lì, forse un doppio funerale. Vedremo». l
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