Gazzetta di Reggio

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«Cirfood un’azienda al femminile che tiene alla carriera delle donne»

Giulia Cremonesi*
«Cirfood un’azienda al femminile che tiene alla carriera delle donne»

Laura Fiè, HR business e people development manager di Cirfood, ha spiegato chi è il candidato ideale a un colloquio

07 maggio 2024
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Cirfood è una delle maggiori imprese italiane attive nella ristorazione collettiva, commerciale e welfare aziendale. Nasce a Reggio Emilia alla fine degli anni ’50 «per dare ai propri lavoratori un pasto più completo della comune schiscetta», come ricorda Daniela Fabbi, direttrice marketing e comunicazione, e oggi è presente in 17 regioni e 74 province d’Italia, ma anche in Olanda e Belgio. La cooperativa è basata su cinque valori cardine: cooperazione, autenticità, dinamismo, responsabilità e immaginazione. Ciò che la caratterizza è però l’impegno nel promuovere idee, quindi soluzioni, per migliorare gli stili di vita delle persone nel rispetto dell’ambiente. Tutto ciò è reso possibile dai suoi circa 12mila dipendenti, di cui 7.000 soci, che riuniscono quattro generazioni in un’azienda orgogliosamente al femminile: l’87.9% del personale è, infatti, donna. Ospite insieme a Fabbi al liceo Moro, nell’ambito del progetto Scuola2030, Laura Fiè, HR business e people development manager, ha spiegato ai ragazzi cosa significhi gestire il passaggio generazionale quindi permettere la convivenza di quasi 40 anni di storia, in cucina come nel gestionale. Il lavoro di Fiè è anche quello di «conciliare le aspirazioni, le passioni, i bisogni e le volontà di crescere che ciascuno porta all’interno di sé quindi in Cirfood».

Come fate a gestire quattro generazioni?

«Il dialogo è il ponte che ci permette di favorire la contaminazione reciproca tra l’esperienza delle persone storiche dell’impresa ed il nuovo: i giovani. Essere intergenerazionale è fondamentale per un’azienda poiché non solo permette di preservare i “trucchi” del mestiere, ma di favorire lo scambio di idee quindi l’accettazione di esse: capita spesso che siano, infatti, i “veterani” a dimostrarsi quasi cocciuti, più dei ragazzi, nel farsi guidare, specialmente se il loro maestro è una matricola. È fondamentale che io, come “anziana”, sia contaminata dalla vostra velocità e non mi difenda con il pensiero “killer” del “si è sempre fatto così” quindi non ho nulla da imparare da un ragazzo. Uno degli esempi di cui andiamo più fieri sono gli avvicendamenti».

Ovvero?

«Cirfood prevede che 1-2 anni prima di uscire i dipendenti senior abbiano la responsabilità di formare i loro futuri successori. Ciò permette di tramandare all’interno dell’impresa le conoscenze e l’esperienza acquisita nel corso di una vita di carriera a chi si affaccia sul mondo del lavoro».

I giovani sono curiosi, cosa cercate nel candidato ideale?

«Parlando di una posizione molto generica, ampia, senza entrare nel merito delle competenze tecniche, il candidato ideale è una persona curiosa e aperta, quindi capace di appassionarsi a più ambiti e disposta a mettersi in gioco. Cerchiamo inoltre persone disponibili ad aderire alla cultura d’impresa, quindi capaci di lavorare in gruppo e, in caso di necessità, pronte ad assumere la leadership per guidare gli altri. Devono essere pratici dei social media come dell’inglese. Come prima impressione conta anche il saper riconoscere il contesto sociale quindi vestirsi e comportarsi in modo adeguato. La preparazione culturale deve essere ampia».

Siamo la prova tangibile della vostra collaborazione con la scuola. In merito a questo ed all’ampia preparazione appena citata, i candidati che ricevete sono ben formati o servirebbe una preparazione diversa?

«I ragazzi che riceviamo dal punto di vista attitudinale sono fantastici. Quello che potrebbe aiutare ad essere più performanti, ad allineare le due realtà, è di nuovo il dialogo, che è necessario per dare una conoscenza biunivoca del vissuto dell’impresa ai ragazzi quanto ai docenti e a sua volta all’azienda del mondo scolastico. Ciò significa battere il tempo per conoscere oggi i colleghi del domani. La preparazione culturale è quindi soddisfacente secondo la nostra esperienza personale, quello che manca è proprio la consapevolezza delle realtà dei diversi ambiti».

Rimanendo sul tema del sociale, siete la prima impresa di ristorazione ad aver ottenuto la certificazione per la parità di genere, come vive questa tematica un’azienda al femminile?

«Questa è una questione che ha sempre bisogno di esempi positivi per cambiare una mentalità dispari rispetto a quella predominante in Europa. Sosteniamo che l’obiettivo debba essere la libertà di scelta. Una donna deve poter scegliere di avere figli e la maternità piena o di averli senza rinunciare alla propria carriera, come succede invece nella maggior parte dei casi. Molte nostre lavoratrici scelgono il part-time anche a costo di perdere la posizione raggiunta. In tante ci domandiamo perché non possa chiederlo il marito, perché in troppe poche regioni d’Italia esista il tempo pieno negli asili o perché le colleghe belghe alla metà dei nostri anni siano già al secondo figlio senza essere sul lastrico. Crediamo negli esempi positivi per cambiare la società: dalle famiglie capaci di sostenere le proprie madri e sorelle alle aziende attente alle capacità ed alle esigenze del singolo. La nostra presidente Chiara Nasi è, da questo punto di vista, un simbolo poiché la sua posizione dimostra che è possibile per una donna realizzarsi in ogni ambito».

*Studentessa del liceo Moro